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IndiaEveryday

giovedì 27 dicembre 2007

Missione compiuta (part two)

Il sottotitolo della due giorni natalizia si può sintetizzare così: "Tutto secondo copione".
In realtà ci sono stati due piccoli imprevisti. Il primo, il giorno della vigilia, quando mia moglie ha portato le tagliatelle fresche fresche a casa di sua madre, con lo scopo di guadagnare tempo il giorno successivo. La sera della vigilia mia moglie si chiede infatti: "Non è che per caso mia madre e mia sorella si mangiano le tagliatelle stasera stessa?". In effetti il pericolo era reale, perché sua sorella stava male e nessuno aveva voglia di cucinare. Comunque, quest'idea non si è concretizzata, il che è stato positivo soprattutto per me, in quanto non è bello perpetrare un grave fatto di sangue subito dopo essersi confessati...
La sera della vigilia nostra figlia partecipava ad una recita in chiesa al nostro paese, ma mia suocera non poteva assistere alla rappresentazione. Ha preferito infatti andare a vedere un mega-falò con offerta di panettone e vin-brulé in un paesello di montagna a 30 km da casa nostra, talmente disperso fra le prealpi che per poco non si perdono fra le stradine. E quindi il giorno successivo il tema centrale della discussione al pranzo di Natale sono state le peripezie sue, della figlia, del convivente e del povero uomo che sopporta mia suocera, alla ricerca del paesello col mega-falò. Soltanto nelle menti semplici come quella di mia suocera un falò natalizio può esercitare un fascino maggiore che assistere alla recita della sua nipotina, ma ho deciso di soprassedere.
Il secondo imprevisto si è materializzato la mattina di Natale. Alle 11:10 mia suocera telefona per chiedere se possiamo portare alcune tartine di antipasto, perché i loro preparativi sono in ritardo preoccupante. E così, in meno di mezz'ora mia moglie ed io riusciamo a preparare una quarantina di tramezzini con salmone e maionese, salsa di formaggio, capperi e pasta di acciughe, gamberetti e salsa aurora. Fortuna di avere sempre qualcosa nel freezer che non siano ghiaccioli o gelato, cose che invece si possono trovare sempre come unici abitanti nel frigo di mia suocera.
Ed ora passo in rassegna il pranzo vero e proprio: antipasto di tartine, mega-insalatona a buffet, tagliatelle al pomodoro, timballo di verdure e panettone.
Come si può arguire, tutto rigorosamente vegetariano come impone la dittatura di mia suocera, sia dentro che fuori di casa sua. E poi l'insalata come antipasto, altra trovata dalla quale mi affrancherei volentieri.
Tra una portata e l'altra, due pause non tanto brevi per donare i regalini ai nostri figli, condite da una rappresentazione teatrale in cui il protagonista non era il dono in se', ma l'egocentrismo di mia suocera.
Altra grande trovata della giornata, la terza figlia, novella mamma, riverita come una regina. Per fortuna senza quel fenomeno del suo convivente, che per una stupida ripicca se n'è rimasto a casa a fumarsi spinelli sdraiato sul divano. Mi ha fatto dispiacere solo per il povero bambino loro, costretto a passare il primo Natale della sua vita con i genitori sparpagliati a pranzo ciascuno con le rispettive famiglie.
Sul tardo pomeriggio, come previsto, la visita degli zii, nipoti e fidanzato di una delle nipoti. E proprio sul filo del loro arrivo abbiamo tagliato la corda, giusto in tempo per evitare i soliti discorsi tra il Grande Zio e lo pseudo-convivente di mia suocera: le vacanze, i viaggi fatti, quelli ancora da fare e amenità del genere.
Cosa dire per concludere? Anche quest'anno il Natale è passato, evviva Natale!

lunedì 24 dicembre 2007

Missione compiuta (part one)

Per chi avesse seguito i post precedenti, oggi è il gran giorno delle tagliatelle di Natale.
Ecco nella foto una fase della lavorazione.


Primi commenti dopo la fine dei lavori:
- il pavimento della cucina è coperto di farina, ci si può pattinare sopra ;-)
- mia moglie stavolta è convinta:"L'anno prossimo ce ne stiamo a casa".

Che dire... aspettiamo il gran pranzo di domani!

venerdì 21 dicembre 2007

Merry Christmas!


A tutti coloro che passano di qua, auguro un felice Natale ed un sereno 2008.

Che sia un anno di pace, gioia e prosperità per voi e per le persone cui volete bene.

martedì 18 dicembre 2007

Le mie prime chiavi di ricerca

Anche io, sulla falsariga di quanto fa il Busca, pubblico le mie prime chiavi di ricerca.
Per chi non lo sapesse, quando cercate qualcosa su un motore di ricerca tipo Google e decidete di cliccare il link che vi porta a questo sito, si può sapere esattamente cosa stavate cercando.

E siccome il mio blog ha raggiunto la ragguardevole cifra di circa 50 visitatori al mese (wow!), ho pensato di pubblicare le chiavi di ricerca che hanno portato ignari visitatori sino alle mie pagine negli ultimi 3 mesi.

Di fianco, come nella migliore tradizione del Busca, un piccolo commento personale in grassetto.


"per un amico" festa dei bambini - a casa mia è sempre festa per i bambini!
"questa non è casa mia" canzone - il mio primo post, la canzone "Sogno della galleria"
acer - d140 - ti dirò, non un grande acquisto
acer d 140 problema - puoi essere un po' più specifico?
acer d140 tomtom - sempre meglio che il Destinator LT in dotazione!
andare via questa non è casa mia - scommetto che hai fatto scattare l'allarme...
attacco navigatore - stiamo sempre parlando di aggeggi elettronici o intendi assaltare un natante?
auguri agli zii a natale - per me bastano e avanzano
bambino di fuga dal natale - il mitico Spike Frohmayer
blog corso tedesco - mi spiace, ci ho provato a impararlo ma non ho costanza ne' metodo
blog essenza - nel senso di "aroma"?
calcolo numero di erdos - il mio è infinito
canzone se cado mi rialzo - bravo, mai mollare!
canzone sogno della galleria - quello è il titolo
canzone: voglio correre voglio andare via - è sempre lei
cartina germania - la mia fa schifo, era solo un esempio
casa regalare quest'anno a vostra moglie - c'è solo l'imbarazzo della scelta: un composter ad esempio è molto trendy
come confezionare cesti natalizi in casa - mia moglie è molto in gamba!
come incartare cesti natalizi - un consiglio: se vuoi risparmiare, compra il cellophane da un fiorista anziché al supermarket
come incartare i cesti natalizi - beh, col cellophane che fa cri-cri
cosa regalare ad una suocera - alla mia, un flacone di topicida
cosa regalare agli zii - il loro servizio da tisana che non usero' mai
cosa regalo a mia moglie? - Dalla domanda, deduco che siete sposati da un paio d'anni al massimo
definizione di pendolari - coloro che fanno tic-tac tra casa e lavoro
demian 1 - perché, ce n'è più di uno?
destinator lt - lascia perdere, meglio TomTom 6.02
deumidificatore arcade mod deu 20 - io ho un De Longhi 18, praticamente nuovo, se vuoi te lo vendo
dialetto valsesiano - al me' dialet, ma parlo anche il bellunese
doppio mento cosa fare - per fortuna non è un problema che mi riguarda, per ora
erdos - uno dei geni matematici del '900
erdos -bacon - come mischiare sacro e profano
erdos biografia - il libro consigliato nel mio post è molto interessante
euronics - uno dei luoghi dove faccio i miei peggiori acquisti
frasi in dialetto valsesiano - esempi: fe' andé la giaca, a l'è partighe al plafun, sun strac me 'na besch-a, eviva al Peru e tücc i sui Magun...
fuga dal natale - Libbricino leggero ma ben fatto
fuga dal natale grisham titolo originario - in lingua originale, Skipping Christmas
germania cartina - ripeto che la mia fa pena
giochi anni 80 kung fu - ce ne sono davvero molti: puoi cliccare qui
gioco ferrari testa rossa mame - non lo conosco
gps hermann becker - penso tu voglia dire "Harman Becker" (ottima azienda, ci ho lavorato)
http://gischio.blogspot.com/ - eccolo
le canzoni della nostra vita - direi che ognuno ha una canzone della propria vita
lo zen e l'arte di manutenzione della motocicletta demian - due libri che ho letto nel 2007
manca un altare non c'è santo nè - se ti trovi in una chiesa, direi che son passati i ladri
office per acer d140 - l'ho provato ma è troppo lento
paranzo natalizio - per me dalla suocera
paul erdos - già detto, vedi sopra
post atom emil - nn capisc, m spiac
quali sono i migliori giochi mame - tutti quelli che ti piacevano per il tuo primo home computer
questa non e'casa mia canzone - se non sei in casa tua, non cantare a squarciagola!
ragali sapientino - i miei figli ne hanno ricevuti parecchi, vedi post
recensioni sui deumidificatori - il mio l'ho usato pochissimo e pagato carissimo
ricevimento regali e matrimonio - ti consiglio di farteli portare a casa
significato della canzone voglio andar via - se vuoi te lo spiego, non scappare però...
significato parola pendolare - colui che pendola
stringhe blog natalizie - sarebbe un blog interessante
suocera - soprassediamo...
tomtom per acer d140 - l'ho installato e va a meraviglia, se vuoi ti spiego come fare per sbloccarlo
videogame kung fu - ti consiglio il mitico Yie-Ar
voglio correre voglio andare via - "...individuo sospetto in zona"
voglio correre voglio andare via + "oltre questa galleria" - certo, è più sicuro
voglio correre voglio andare via lei mi aspetta la devo - lei fa il palo mentre tu arraffi, vero??
voglio correre voglio andare via questa non è casa mia - scommetto che è scattato l'allarme
voglio correre voglio andarmene (testi) - c'è solo da correre, non arraffare niente
voglio correre voglio andarmene oltre questa - oltre questa... cancellata?
voglio correre, voglio andare via - mi sa che è troppo tardi, ti hanno beccato!

venerdì 14 dicembre 2007

Canzone per un amico

Oggi avrei voluto parlare dei libri che ho letto nel 2007.
Stavo infatti preparando mentalmente questo post ripercorrendo da un punto di vista letterario quest'anno che si chiude.
Oppure avrei voluto raccontare ancora qualcosa sui preparativi natalizi che sono entrati nella cosiddetta "fase calda".
Invece oggi parliamo di Davide, che è morto mercoledi, stroncato da un infarto a 36 anni.
Davide, anzi "Il Davide", come lo si chiamava in casa dei miei genitori, era un amico di infanzia, uno dei bambini del quartiere con il quale sono cresciuto. Uno dei miei primi compagni di giochi, vicino di casa quanto basta per andarlo a trovare in bicicletta a 7 anni, e per pensare che sì, anche quel pezzetto di strada percorso da soli era una conquista.
Eravamo parecchi noi bambini di quella via. D'estate tutti in giro in bicicletta, che tanto di auto se ne vedevano poche e non era pericoloso. Ma spesso anche a casa di qualcuno di noi, a nascondersi nelle cantine o a giocare a pallone nei cortili.
Ricordo il Davide e anche sua mamma, una signora piccola e obesa, in grado di muoversi con difficoltà e sempre pronta a difendere il suo figliolo. Come quella volta che lui sbatté contro un palo della luce con la bicicletta nuova, regalo della Prima Comunione messo fuori uso ancora prima della Comunione stessa. E sua madre a incolpare noi più grandicelli di "averlo spaventato", costringendolo all'incidente.
Nella mia mente vedo una fotografia, una festa del mio ottavo o nono compleanno. Non riesco a distingure gli altri bambini, vedo solo il Davide con gli occhi chiusi che fa la linguaccia. E non riesco ad immaginarlo diverso da quella foto, neppure quando penso agli episodi bui della sua vita.
Dopo le scuole medie ci siamo allontanati, abbiamo saputo l'uno dell'altro solo attraverso altre persone, i nostri genitori in particolare. Il Davide è sempre il solito discolo, finisce con un po' di ritardo le scuole dell'obbligo e si mette a lavorare. Poi la maggiore età, in cui si perde il conto delle auto distrutte in incidenti, per fortuna senza conseguenze fisiche per lui e per gli altri. Pessime compagnie lo conducono sulla via della tossicodipendenza, dalla quale ne esce grazie ad una forza di volontà di cui non lo pensavo capace. Poi una ragazza, che diventa sua moglie e 10 anni fa lo rende padre di una bambina.
La vita sembrava serena adesso, lo sembrava fino a mercoledi sera.
Me lo voglio ricordare così il Davide. Quel bambino che al mio compleanno chiude gli occhi e fa la linguaccia.

giovedì 13 dicembre 2007

L'erba voglio

Interrompo i racconti delle vicissitudini aziendali per tornare al ménage familiare. Nella fattispecie ai preparativi natalizi.
Come ho già illustrato in un paio di post precedenti, quest'anno sarò costretto al pranzo natalizio in casa di mia suocera. Il che è positivo, perché allontana la minaccia del suo cane a casa mia.
Ma non significa che sarà una festa di tutto riposo.

Un paio di giorni fa mia moglie mi annuncia che sua madre vuole che facciamo parte dell'allegra brigata che allieterà la sua agape natalizia. E che, come già avvenuto anni addietro, noi siamo incaricati di preparare le tagliatelle. Le famigerate tagliatelle, che già mi andarono di traverso nel Natale 2002 e poi nel 2003.

In quel periodo abitavamo a circa 30 km da mia suocera. Il giorno di Natale lo si dovette trascorrere a casa sua, mentre la vigilia a casa nostra a impastare farina e uova, a stendere col matterello un ammasso informe dei suddetti ingredienti, a passarlo nella macchinetta per la sfoglia e infine a ridurlo a stringhe sottili.
Ricordo ancora la cucina, che era piccina come del resto l'intero alloggio, invasa da canovacci con centinaia di stringhe di pasta stese a riposare. Farina sul pavimento e appiccicata alla suola delle scarpe. Vassoi di cartoncino riciclati dalla pasticceria per il comodo trasporto del giorno successivo verso casa di mia suocera. Unica nota lieta, nostra figlia che si divertiva un mondo a impastare e a tentare, senza successo, di menare la manovella del marchingegno per la sfoglia.

Quest'anno la solita storia incombe, dopo essere rimasta sepolta nella mia memoria per qualche anno. E come qualche anno fa, ha innescato i consueti litigi tra me e mia moglie.
Ho provato infatti a rammentarle la situazione, che consiste nel passare la vigilia a impastare e poi a riordinare la cucina, con l'aggravante di dover fare il lavoro per un numero maggiore di persone rispetto al passato, in quanto gli invitati da mia suocera sono aumentati.
Per di più, col rischio che poi tanto lavoro si riduca ad una schifezza. Non credo infatti sia facile cucinare in un'unica pentola una quantità di tagliatelle per 10 persone, visto che già per 5-6 commensali le deliziose stringhe ritornano, come per un contrappasso, alla forma della palla di pasta originaria, da servire dopo aver separato il tutto col coltello. Non ci puoi fare niente, è la natura che ritorna alle sue origini, al caos primordiale. La natura vince sempre.

Dopo tutto questo ragionamento, mia moglie mi impartisce la lezione finale, che dà la stura a tutto il mio livore nei confronti di sua suocera: "Va bene, ci toccherà allora prepararle il mattino stesso di Natale, perché sai, mia mamma le tagliatelle le VUOLE fresche...".

Dopo queste parole, mi son sentito come se mi avesse gettato un pugno di sabbia in faccia: non tanto per la pretesa di mia suocera, che sarebbe solo l'ultimo tassello di quel grande ammasso di stupidaggini che danno forma alla sua esistenza. E' la struttura della frase che mi toglie le forze, soprattutto il verbo VUOLE. Ma come VUOLE, cosa VUOLE? Dopo che mia moglie ed io sgobbiamo per tutti quanti, quando invece le altre figlie, perché hanno i loro problemi, portano solo la bocca per mangiare e pure quella del convivente. Dopo che non siamo mai andati a pranzo a casa sua senza portare qualcosa. Dopo che mi sovviene ancora del Natale 2003, quando abbiamo pranzato alle 14 perché lei si era svegliata alle 10 e non aveva ancora preparato niente. Dopo che sopporto paziente le sue paturnie sul vegetarianesimo, al punto che pure le lasagne le dobbiamo preparare sempre differenziate per noi e per lei, e pure al nostro matrimonio le abbiamo fatto servire un pasto totalmente meat-free... ebbene, adesso VUOLE mangiare pure le tagliatelle appena uscite dalla macchinetta?

E qui entra ancora una volta in gioco il mio background familiare. A casa dei miei genitori, non esiste il verbo "vuole", per nessuno, grande o bambino che sia. Come dice il Manzoni a proposito della peste, "... per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo...". Chi VUOLE, si FOTTE. Semplicemente. Al massimo è concesso desiderare, ma senza alzare i toni. Non so se sia giusto o meno, ma questa forma di rispetto verso le persone cui faccio una richiesta me la porto dietro da quando sono piccolo.

E credo proprio che a Natale mi farà compagnia, mentre impasto.

mercoledì 12 dicembre 2007

L'importante è che tu ci creda

Sottotitolo: "ma sono io quello sbagliato?"

Ieri ho assistito all'assemblea di fine anno della nostra azienda. Vi partecipo per la prima volta in qualità di appartenente alla nuova divisione, quindi era lecito attendersi qualche novità.

E devo ammettere che qualche novità c'è stata.
I capoccioni venuti da UK apposta per noi non si sono accontentati di illustrare i dati aziendali, che vista la crisi non potevano essere del tipo "ma quanto siamo bravi". Si sono infatti dilungati sul confronto con la concorrenza, che quest'anno è andata davvero forte. Tutti i nostri diretti competitors hanno incrementato i loro profitti e guadagnato quote di mercato, perfino quegli scarsoni di MH che non fanno altro che copiarci, e per di più ci copiano male, con dei prodotti che si rompono anche solo a guardarli.
Quindi se noi andiamo male non è colpa del mercato, che appare in netta espansione, soprattutto in Europa. Ebbene si, è tutta colpa nostra, della nostra incapacità di interpretare ciò che desidera il mercato.

Ma non è di questo che volevo parlare, bensì dell'impressione che mi sono fatto partecipando a questa assemblea. Ora, a chiunque sia capitato di partecipare a eventi del genere non sarà sfuggito che, in fin dei conti, i concetti espressi sono sempre gli stessi: "Andiamo male ma ci risolleveremo", "Tutto dipende da voi", "L'anno prossimo miglioreremo", "Siamo tutti una grande famiglia" e cose del genere.

Premesso che basta una piccola esperienza in azienda per imparare a comprendere come ci siano delle situazioni che vanno secondo un copione da recitare, ciò che mi lascia l'amaro in bocca è la mia assoluta indifferenza verso questi tentativi di spronarci, di coivolgerci, di farci sentire parte di una squadra.

E non credo si tratti soltanto di cinismo dovuto alla situazione contingente. Cioè, anche se non fossimo in crisi, anche se ce la mettessi proprio tutta, non riuscirei a farmi coinvolgere più in là del mio dovere.

E questa pare essere una condizione mentale che non affligge affatto i miei colleghi. Vedo infatti che loro commentano positivamente gli input del management, si fanno coinvolgere; in breve, ci credono in quello che fanno.
Mentre io, anche in periodi meno burrascosi, ho sempre considerato il lavoro come un mezzo di sostentamento, un puro strumento per guadagnarmi da vivere e non una parte fondamentale della mia vita. Perché la vita è un'altra cosa, è là fuori e mi aspetta dalle 17:30 in poi, dal momento in cui mi chiudo alle spalle la porta dell'ufficio...

Sinceramente io ammiro chi riesce a farsi coinvolgere anima e corpo nel lavoro. Credo che pochissimi abbiano la fortuna di fare un lavoro che piace veramente; la stragrande maggioranza invece se lo fa piacere e questa è un'ottima cosa. Io vorrei essere come costoro, li ammiro ma non ci riesco proprio ad emularli.

Perciò anche una banale assemblea di fine anno come quella cui ho assistito ieri è sufficiente a mettermi in crisi; perché mi induce a chiedermi che cosa ci faccia io in mezzo a persone che hanno un approccio al lavoro totalmente diverso dal mio.

Mi sento fuori posto, mi sento quello sbagliato.

martedì 11 dicembre 2007

Togliamo un po' di ruggine

Settimana scorsa ho sostenuto un colloquio di lavoro telefonico con una società di consulenza informatica. Se escludiamo le varie compagnie di job placement quali Adecco, con le quali mi sono confrontato a cavallo dell'estate scorsa, si è trattato del mio primo colloquio da 5 anni a questa parte.
In effetti questo lasso di tempo si sentiva tutto. Nonostante io ritenga che l'impressione generale sia stata buona, un po' di ruggine accumulata in questi anni mi ha bloccato in più di un'occasione.

Ho perso infatti l'abitudine a rispondere a domande del tipo "qual è il suo miglior pregio", oppure "come si vede lavorativamente da qui a dieci anni". Il motivo è che, invecchiando, ho maturato una dose di cinismo che rischia di esplodere ad ogni domanda, vanificando gli sforzi per apparire motivato e pieno d'entusiasmo.

Alla grigia età di 37 anni, ritengo che l'entusiasmo per il lavoro sia solo un lontano ricordo. Per la verità, non sono sicuro di averne mai avuto in quantità notevoli, ma comunque in più di una situazione ho la ragionevole certezza di essermi profuso al 110%.

Tuttavia, la crisi che sta attraversando l'azienda in questo periodo ha sicuramente segnato la mia fiducia nel poter ancora combinare qualcosa di buono professionalmente. E non parlo qui di prospettive di carriera, visto che solo in rari casi sono stato contagiato da queste velleità. Parlo piuttosto della possibilità di trovare un equilibrio tra vita lavorativa e privata, tra l'impegno nell'attività quotidiana e una ragionevole tranquillità nei rapporti familiari.

La crisi aziendale sta infatti guastando tutto. Al lavoro si pensa a quando si uscirà per tornare a casa, mentre nel week-end il pensiero corre all'ufficio e all'incognita di quali altre pessime notizie riserverà la settimana che sta per iniziare.

Fortunatamente il colloquio sostenuto settimana scorsa, quale che sia il suo esito, mi ha sollevato il morale. Come detto, perché è il primo dopo un lasso di tempo lunghissimo, lasciando intendere che il mio profilo professionale desta ancora un qualche interesse, a dispetto dell'età.

Inoltre, quando si proviene da un'azienda in crisi, occorre fare molta attenzione a non svendersi a tutti i costi, facendo capire al possibile futuro datore di lavoro che, assumendoti, sarà lui a farti un favore.
Se l'ultimo periodo in azienda è stato burrascoso, il clima sfiduciante, allora il rischio di dare questa impressione è altissimo. Si deve tenere presente che chi ti cerca per offrirti lavoro non lo fa per farti un favore, ma perché pensa che tu gli possa servire.

Nello scrostarmi di dosso un po' di ruggine, mi auguro di non essere caduto in questa trappola.

lunedì 3 dicembre 2007

Pendolarismo spinto

Interrompo il racconto dei miei preparativi natalizi per commentare una notizia di cronaca.
Secondo quando dichiarato settimana scorsa sui maggiori quotidiani nazionali, l'Italia è diventata un popolo di pendolari. Ben 13 milioni di italiani, vale a dire 1 su 5, che salgono a 1 su 3 se si considerano soltanto studenti e pendolari, si spostano quotidianamente per studio o lavoro.
Al di là dei numeri, come al solito conviene approfondire il criterio con cui è stata fatta l'indagine. E si scopre che il significato di pendolare è stato leggermente travisato...
Infatti, l'inchiesta considera "pendolare" chiunque si sposti quotidianamente, per svolgere la propria attività di cui sopra, al di fuori del proprio comune di residenza.
Secondo me questa definizione è troppo ampia. Conosco ben poche persone che godono della fortuna di lavorare nello stesso comune in cui risiedono. Spesso poi, nel caso di chi lavora in una metropoli, la residenza nella cosiddetta "cintura" non si può considerare vero e proprio pendolarismo. A titolo di esempio, mi viene difficile considerare "pendolare" chi abita a Collegno (TO) e lavora in zona Torino Nord, che quasi dalle finestre di casa può vedere il proprio ufficio se la giornata è tersa e non ci sono palazzoni davanti...
Personalmente sono entrato nel tunnel del pendolarismo nel 1999, dapprima a piccole dosi di 90 minuti al giorno tra andata e ritorno. Poi, quando pensavo ancora di poter smettere, ci sono ricascato in dose ancora più massiccia. Il risultato, che rappresenta la mia attività di pendolare da circa un anno e mezzo a questa parte, è il seguente:
  1. Sveglia alle 5:30, rotolo giù dalle scale fino alla cucina dove mi bevo un succo di frutta e mi mangio una brioche
  2. Mi sposto in bagno per dedicarmi all'igiene personale
  3. Mi vesto rapidamente, scendo in garage e inforco la bici. Di solito esco di casa per le 6:10.
  4. Mi dirigo in stazione per 1,5 km. La strada è in forte discesa e non ci metto più di 4 minuti
  5. Prendo l'autobus sostitutivo del treno che, dopo 40 minuti, arriva al capolinea
  6. Prendo un treno per altri 20 minuti e scendo ad una stazione intermedia
  7. Prendo un altro treno per 25 minuti e finalmente arrivo nella metropoli
  8. Mi faccio 20 minuti a piedi e sono in ufficio per le 8:20
Tutto questo implica ovviamente che i mezzi pubblici non siano in ritardo. Altrimenti, a Trenitalia piacendo, l'orario dell'arrivo in ufficio può slittare in avanti anche sensibilmente.
La sera si ripete il rito in direzione inversa.
Verso le 17 inizio a fibrillare, sperando che qualche collega o peggio ancora il capo non vengano a chiedermi qualcosa di urgente. Se la fortuna mi assiste, alle 17:25 riesco ad uscire, altrimenti mi tocca rimandare di un'ora perché tanto il viaggio perderebbe il sincronismo delle coincidenze.
Perciò treno + treno + treno (nel frattempo il bus sostitutivo è stato promosso a treno) + bici e finalmente sono a casa per le 19:20 circa, ovvero alle 20:15 qualora non sia riuscito ad evitare capo e colleghi oltre le 17.
Dimenticavo di far notare che il percorso effettuato con bici è diventato in salita. Quindi la sera, prima del rientro, mi aspetta il mio personalissimo Muro di Huy.
Possibili varianti sono:
  1. La pioggia: se minaccia cattivo tempo fin dal mattino, anziché la bici ho la fortuna di poter usare l'auto, che lascio in stazione fino alla sera
  2. I ritardi, di cui ho già parlato
  3. L'eventualità, finora sempre scongiurata, che mi si chieda di fare MOLTO TARDI in ufficio.
Quest'ultima variante è per me un vero e proprio spauracchio: qualora infatti mi si chiedesse di rimanere in ufficio oltre le 19:30, perderei l'ultima coincidenza intermedia. Ciò comporterebbe di chiedere a mia moglie di caricare i bambini in macchina alle 20:30, percorrere 35 km e venirmi a prendere, per poi ritornare tutti insieme a casa non prima delle 21:30.

Propongo di introdurre una soglia chilometrica per la definizione di "pendolare"!

giovedì 29 novembre 2007

L'aiuto che non ti aspetti

Mentre il libro di cui parlavo ieri scorre via veloce, proprio ieri ho avuto da mia moglie un aggiornamento sull'impostazione del nostro Natale.
Tra le varie ipotesi prese in considerazione quest'anno, una si rivelava davvero inquietante: il pranzo del 25 dicembre a casa nostra, con una serie di invitati che a confronto "Il mio grosso grasso matrimonio greco" sembra un rendez-vous tra intimi.
Vado ad elencare la formazione titolare:
- Io e mia moglie, citati insieme in quanto cuochi e camerieri, nonché unici membri dello staff delle pulizie dopo la tempesta
- I nostri 2 figli
- La sorella minore di mia moglie con tanto di figlioletto; il convivente invece rimane in dubbio fino all'ultimo, in quanto potrebbe decidere di andare a pranzo dalla mamma
- L'altra sorella di mia moglie con spasimante, che dopo aver messo 500 km tra noi e la sua nuova residenza se ne ritorna apposta per le Feste
- Mia suocera con il suo compagno
- Il temutissimo cane di mia suocera
Probabilissima, a fine pranzo, la visita degli zii (fratello di mia suocera e famiglia). Il che significa altre 5 persone in più da sopportare, in quanto la cugina più grande si muove solo col fidanzatino.
Riepilogando, si tratta di sfamare, me compreso, 10 persone sicure, una probabile, un cane e poi intrattenere a merenda altri 5 avventori. Decisamente troppo per i miei nervi, in netto contrasto col mio status di figlio unico.
Ma proprio ieri la situazione sembra aver preso una piega a me favorevole. Tutto questo grazie al soggetto che ritenevo il mio peggior nemico, cioè il cane.
Occorre specificare infatti che mia suocera non si muove mai di casa senza portarsi appresso il suo viziatissimo volpino. Un animale talmente geloso che la sua padrona non puo' neppure fare una carezza ai nostri figli senza che questo si metta ad abbaiare inferocito, prenda la rincorsa e si scagli a testa bassa contro i pargoli.
Di lasciarlo a casa neanche a parlarne, perché si sente solo e continua ad abbaiare, disturbando mezzo condominio e soprattutto l'inquilino del piano di sopra, che lavora di notte.
Normalmente, quando viene a farci visita, mia suocera lascia il cane in macchina, proprio fuori di casa nostra. Ma il giorno di Natale è del tutto impensabile, anche l'animale ha diritto a festeggiare con tanto di regali... non scherzo, anche a lui fanno trovare un presente sotto l'albero!
Quindi, per non fare torti ne' a me, ne' al cane, mia suocera ha deciso di rimanere a casa sua per il pranzo natalizio, col risultato che le figlie si sposteranno di conseguenza, anche se il salotto è più stretto del nostro.
Cosa dire quindi? Per adesso ringrazio il volpino di mia suocera, tanto viziato da costringere una tribù di 10 persone a rivedere i propri piani natalizi. Ci ha infatti risparmiato una bella fatica, sia nervosa (la mia), sia fisica (mia e di moglie). Infatti, senza considerare i bambini, non crediate che il parentame sia disposto a dare una mano durante il pranzo. Al più qualcuno porta un panettone, ma di alzare il sedere e aiutare a portare i piatti in tavola non se ne parla nemmeno.
Mi risuona già nelle orecchie il ritornello che mia suocera pronuncia ogni volta che viene a pranzo a casa mia: "Oh, che bello, per una volta, non avere niente da fare ed essere serviti..."
Per ora i piani natalizi hanno preso una piega favorevole, speriamo non ci siano stravolgimenti da qui al 25 dicembre.

mercoledì 28 novembre 2007

Fuga dal Natale

Si avvicina Natale e subito mi torna in mente il Natale scorso. Come ogni anno la casa subirà delle trasformazioni che mi renderanno nervoso. Non tanto per l'alberello e il piccolo Presepe, quanto e soprattutto per l'affannosa ricerca di cosa regalare a chi.
Provengo da una famiglia in cui il Natale è una festa abbastanza tranquilla, che assomiglia a niente più che una domenica con un piccolo regalo e uno scambio di auguri. Ma niente sorprese o pacchi da scartare: di solito il regalo è qualcosa che è stato comprato da tempo, in quanto desiderato e richiesto. Una consegna a colpo sicuro. Se poi il desiderio è un capo di abbigliamento, il regalo consiste in un po' di euro per comprarselo poi con i saldi di inizio anno.
Questo succedeva finché vivevo con i genitori. Da quando mi sono sposato, il Natale mi è diventato insopportabile, complice l'affannosa ricerca di un qualcosa a tutti i costi da parte di mia moglie, da regalare alle sue sorelle, alla madre, agli zii e da quest'anno anche al neoarrivato nipotino. Intendiamoci, niente spese folli, ma provo ugualmente un enorme fastidio verso quei pacchetti sparsi per casa, pieni di cose inutili, comprati apposta solo perché a Natale senza fare un regalo non si puo' stare.
Da quando ci sono i bambini la situazione è precipitata; dal momento che loro riceveranno un regalo, vuoi essere da meno e non restituire la cortesia?
Ma quale cortesia? Un regalo deve essere anche sensato, per cui sarebbe una vera cortesia se qualcuno prima si informasse quali sono i gusti dei bambini, se un determinato giocattolo lo possiedono già, oppure se hanno bisogno di qualcosa in particolare. Invece niente, nessuno ci chiede nulla e compra tanto per incartare qualcosa. Col risultato che, come un paio di anni fa, ci ritroviamo con 3 Sapientino che neppure abbiamo potuto riciclare. Infatti, l'insano autore del regalo non solo ha preteso che il medesimo venisse scartato in sua presenza, ma pure utilizzato a riprova che la sua idea è stata gradita. Quindi regalo sprecato e per ben 2 volte: la prima durante l'acquisto (solo il commerciante e l'acquirente non la pensano così), la seconda perché reso non riciclabile.
Ho cercato timidamente di ribellarmi a questo spreco di regali ricevuti; in pratica ho fatto capire che si, insomma, il regalo era bello, però qualcosa del genere ce l'avevamo già. Niente da fare: dopo qualche mese, arriva il compleanno e con esso una nuova versione di Sapientino!

Non avendo risolto il problema sul lato del ricevimento regali, ho provato allora a sistemare le cose sui regali da fare. Facendo leva sulla resistenza di moglie a spendere, abbiamo deciso di confezionarci dei cestini natalizi in casa, acquistando prodotti nei supermercati man mano che si presentano le offerte tipo 3x2, sotto-costo etc. Non è difficile, basta organizzarsi per tempo e prestare attenzione alle date di scadenza dei prodotti da infilare nei cestini.
Il problema sorge, semmai, se non ci si pone limiti. Perché a quel punto la convenienza rispetto all'acquisto di un cestino già confezionato si riduce, si azzera e addirittura gira in negativo.
Ed è ciò che puntualmente accade: mia moglie parte con l'idea di un piccolo cestino con bottiglia, panettone, lenticchie e caramelle. Poi ci aggiungiamo anche un pacchetto di biscotti, tanto costano solo 50 centesimi. E siccome il cestino sembra vuoto, mettiamoci anche un pacco di pasta all'uovo, che costa solo 1 euro. Ma poi con la pasta ci va anche il sugo. E inoltre che Natale è senza torrone? E un po' di frutta secca, dato che i datteri costano poco? E magari mettiamoci pure una candela, che fa tanto atomosfera natalizia...
Insomma, se non ci si pongono dei limiti (economici, perché quelli fisici sono facilmente abbattibili "forzando" il cestino), si rischia di spendere di più rispetto all'acquisto di un cestino bell'e pronto.

Se provo a recriminare sul fatto che il cestino mi pare un po' troppo "farcito", la risposta è quasi sempre "ma insomma, pero' ti fa piacere ricevere regali, vuoi solo prendere senza dare?".
Ecco, proprio questo è il punto: No, io non ne voglio proprio ricevere e non riesco a farvelo capire! Non so cosa farmene del servizio da tisana, che tanto nessuno di noi ne beve e, quando ci fosse una volta nella vita che desidero una tisana, me la posso scolare anche dal bicchiere o dal pentolino direttamente... Non mi interessa ricevere un set di candele ogni anno, che tanto pago la bolletta della luce e non rischio di rimanere al buio. Anzi rischio di più con le vostre candele: rischio di impiastrare il tavolo o i pavimenti di cera e rischio anche di bruciare la casa, qualora mi addormentassi con le candele accese... Non desidero incensi, soprammobili, centrini, fiori o pianticelle (ho già una foresta nell'angolo del salotto) e infine, ma questo si era già capito, non voglio più i vostri Sapientino! Se proprio volete fare un regalo ai miei bambini, contribuite a finanziare l'acquisto della Playstation, che anche se sono ancora piccoli sicuramente tra qualche anno la vorranno perché ce l'avranno i loro compagni di scuola.
Perciò quest'anno, non potendo far nulla contro questo esercito del regalo ad ogni costo, sono corso ai ripari facendomi da solo un regalo. Si tratta del libro "Fuga dal Natale" di Grisham, che ho comprato proprio ieri e che ho appena iniziato, interrompendo "Delitto e castigo".

Spero proprio di trovare conforto in questo romanzo.

venerdì 16 novembre 2007

Il potere della parola

Da qualche tempo a questa parte sembra proprio che l'oggetto più importante e ambito nella mia azienda sia quello qui raffigurato


"Dunque lavori in un call center", direte voi. E invece no, rispondo io.
In realtà lavoro per una delle filiali italiane di una multinazionale americana, che si vanta di produrre alta tecnologia. E allora a che cosa serve un paio di cuffie per conversare al telefono?
Servono, pure parecchio. Infatti, uno degli effetti dell'ultima ristrutturazione è stato quello di decentrare quasi tutte le attività tecnologiche che prima si facevano in sede. Tra queste rientrano il design e lo sviluppo del software, i relativi test e la gestione delle interfacce verso altri prodotti. Tutto questo verrà svolto da gruppi di lavoro a basso costo in India, Russia o Cina, oppure da società di consulenze esterne che chi vuol fare un gran fascio a modo suo chiama "terze parti".
Conclusione, cosa facciamo noi? La risposta in rigoroso lessico aziendale parla di "gestione dell'integrazione tra le varie componenti e reporting al senior management dello stato di avanzamento". Tradotto in soldoni, significa una quantità assurda di meeting via telefono per chiedere ai vari gruppi a che punto si trovano, se ci sono ritardi nelle consegne e, nel caso, a cosa sia dovuti, se si prevede un piano per limitare i danni da ritardo e così via.
In pratica diventeremo un call center, da cui partiranno ogni giorno centinaia di chiamate per reperire informazioni che, fino a poco tempo fa, eravamo in grado di trovare semplicemente chiedendo al collega di scrivania o, al massimo, scendendo un paio di rampe di scale.
Almeno finché durerà, perché già ho le prime avvisaglie che questa gestione delle "terze parti" sarà alquanto difficoltosa.

mercoledì 31 ottobre 2007

L'essenza del blog

Quando ho iniziato a tenere questo blog, mi sembrava di avere molte cose da raccontare.
Invece, dopo quasi un anno, mi sono accorto che:

  1. ho scritto pochissimi post, in media poco più di 1 al mese;

  2. non ho dato un'identità al mio blog, ma ho affrontato argomenti completamente slegati fra loro;

  3. non ho parlato di niente di interessante. Le poche visite alle mie pagine le devo a persone che ho conosciuto sui loro blog, i quali sono MOLTO più interessanti del mio;

  4. non ho imparato a scrivere meglio di quando ho iniziato. Questo era un obiettivo al quale tenevo molto...


Ci sono però anche alcuni lati positivi, anzi ne vedo solo uno: come dicevo al punto 3, ho conosciuto diverse persone che tengono blog molto ben organizzati, li aggiornano e soprattutto hanno trovato un loro filone. C'è chi si tiene in contatto con gli amici per superare la lontananza dovuta a motivi di studio; c'è chi racconta la sua giornata lavorativa o le uscite in compagnia; chi commenta le notizie sportive o persino unisce filosofia e sport... il tutto in un ottimo italiano, elegante, scorrevole, estremamente piacevole.
Il mio blog non è niente di tutto questo, per i motivi che ho detto.
Tuttavia voglio fare ancora un tentativo, in direzione dell'identità.
Dal prossimo post voglio parlare della mia giornata lavorativa, ovvero di tutto ciò che accade in quel curioso condominio rappresentato dall'azienda per la quale lavoro.
Ovviamente non c'è nulla di originale in questo, molti blog già ne parlano e parecchi hanno anche un buon successo di pubblico.
Ma in questo momento così difficile per la mia vita lavorativa (e chi avrà voglia di leggermi scoprirà presto perché dico questo), la decisione di tenere un diario della giornata in ufficio mi sembra utile soprattutto per me, per la mia sopravvivenza quotidiana.
Se poi tutto ciò riscuotesse anche un discreto seguito ma soprattutto un confronto con opinioni altrui, non potrei che essere felice per la fisionomia assunta da questo blog.

giovedì 25 ottobre 2007

Scherzo telefonico

Pubblico oggi questo filmato da YouTube, si tratta di uno scherzo telefonico in dialetto valsesiano stretto...

giovedì 18 ottobre 2007

Incontri

Stamattina, sul solito pullman di cui ho già parlato in un post precedente, ho incontrato un caro compagno di studi universitari. Un tempo ci frequentavamo spesso, poi dopo la laurea le vicende personali e professionali ci fecere perdere improvvisamente i contatti. La conseguenza fu che per circa 6 anni, pur vivendo a non più di 50 km l'uno dall'altro, ci tenemmo a stento in contatto con qualche mail ogni tanto, senza però rivedersi faccia a faccia.
Stamattina lui doveva recarsi nella metropoli per una specie di conferenza riguardo alla sua attività lavorativa, per cui salendo sul pullman ci siamo rivisti e abbiamo chiaccherato piacevolmente per tutto il viaggio.
Il fatto curioso che sta alla base di questo incontro, che è anche la ragione principale per la quale scrivo questo post, è costituito dalla mia sorpresa nello scoprire questo mio amico assolutamente immutato nel fisico dopo parecchi anni.
Mi spiego meglio: sono abbastanza abituato a rivedere ex-compagni di scuola e amici a distanza di anni dall'ultima volta. Quando capita, noto in loro che gli anni hanno lasciato qualche traccia; chi ha la pancia in bella evidenza o il doppio mento, chi ha perso buona parte della chioma (e sono la maggioranza), chi ha un sorriso meno sereno e così via. Addirittura, mi sento in un certo senso preparato a scorgere tali modifiche, per cui stamattina mi sono sorpreso nel non notarne affatto.
Ebbene, nel caso di stamattina, quasi non ero sicuro fosse lui veramente, almeno fino a quando non mi ha salutato e cioè forse appena un secondo dopo esserci visti. E il mio dubbio era dovuto al fatto che era esattamente uguale ad alcuni anni fa, mentre l'immagine che avevo di lui nella mia mente era preparata a riconoscerlo solo se corredato di qualche modifica imputabile al tempo che passa!
Ecco, ora che l'ho scritto mi sembra di aver messo bene a fuoco quello che ho provato in quel momento. Una sensazione davvero singolare, durata lo spazio di pochi secondi, dato che subito ci siamo messi a raccontarci gli avvenimenti di questi ultimi anni...
Ma un dubbio mi è rimasto: il tempo che passa, quello che noi viviamo giorno per giorno e che disegna la memoria con i ricordi, è scandito dagli anni che passano o dall'idea che noi ce ne facciamo nella nostra mente?
Fino a ieri pensavo che questi due concetti di tempo coincidessero, ora nutro qualche dubbio...

giovedì 11 ottobre 2007

Un'insana passione per le lingue

Ho sempre avuto un'inspiegabile passione per le lingue, anche le più strane. Quando vengo a conoscenza di una nuova parola straniera, mi prende l'impulso irrestibile di memorizzarla e imparare il suo significato. Chiamatelo pure spirito nozionistico, non importa, del resto ci convivo da sempre.
In particolare non mi ha mai abbandonato l'idea di imparare il tedesco. E l'occasione buona, dopo svariati tentativi infruttosi, mi si presentò quando, alcuni anni fa, dovetti recarmi per parecchie settimane in Germania per lavorare presso un cliente.

Ovviamente nell'ambito lavorativo si parlava in inglese, ma non ho mai nascosto con i miei business partner il fascino che la loro lingua nativa esercitava su di me. Ho provato dapprima con un corso in 2 volumi (che tuttora ogni tanto consulto), poi sono passato ad un più moderno corso su CD-ROM. Un po' la mancanza di tempo e soprattutto la scarsa convinzione mi hanno condotto purtroppo ad abbandonare e a riprendere almeno 4 volte quest'impresa, tanto che ancora oggi devo ogni volta ricominciare daccapo quando mi prende la fissazione di impararlo una volta per tutte.

In ogni caso, durante il mio periodo tedesco sono riuscito quantomeno ad elaborare un po' di frasi fatte, sul modello "da turista" e ne ho approfittato per intavolare scarne conversazioni, che visto il mio limitatissimo vocabolario lasciavano molto a desiderare.

Tuttavia un episodio in particolare, all'apparenza insignificante, contribuì a radicare in me la convinzione che questa lingua fosse particolarmente ostica...

Mi trovavo presso la sede di Harman-Becker, noto produttore di interfacce audio/video per automobili e oggi noto anche per i navigatori GPS. La sede è in Ittersbach, frazione di Karlsbad, nel pieno della Foresta Nera, tra Pforzheim e Karlsruhe. Il confine con la Francia dista non più di 30 km.

In quel periodo, insieme ad un collega, partivamo ogni mattina da Boeblingen e , dopo un'ottantina di km, si arrivava presso questo cliente e per fare test sul software fino al pomeriggio inoltrato. Il gruppo era formato prevalentemente da tedeschi, più noi 2 italiani e qualche americano.

I tedeschi parlavano ovviamente nella loro lingua, tranne che per rivolgersi a noi e agli americani. Notai però che spesso dovevano ripetere i discorsi anche fra di loro: in pratica, in quasi ogni dialogo in tedesco, ogni 3-4 frasi ciascuno rivolgeva al proprio collega un "Bitte?", chiedendo cioè di ripetere l'ultima concetto.

Ne parlai col mio collega, il quale confermò la mia impressione. Volendo generalizzare il più possibile, da questa vicenda ho tratto le seguenti conclusioni, non mutuamente esclusive:


  1. I tedeschi sono molto distratti quando dialogano fra loro;

  2. i tedeschi sono quasi tutti sordi;

  3. il tedesco è proprio una lingua difficile, anche per chi l'ha imparata dalla nascita.

Io ovviamente propendo per quest'ultima possibilità. Tendo invece ad escludere l'eventualità che alcuni si esprimessero in una specie di dialetto di difficile comprensione, perché provenivano tutti dalla stessa zona, erano colleghi da molti anni e inoltre io stesso riuscivo a cogliere qualche parola nel discorso, anche se poi mi sfuggiva il senso.

In conclusione, non ho (ancora) imparato il tedesco, ma almeno ho un alibi...

mercoledì 3 ottobre 2007

Citazione

"Show me a man or a woman alone and I'll show you a saint. Give me two and they'll fall in love. Give me three and they'll invent the charming thing we call 'society'. Give me four and they'll build a pyramid. Give me five and they'll make one an outcast. Give me six and they'll reinvent prejudice. Give me seven and in seven years they'll reinvent warfare. Man may have been made in the image of God, but human society was made in the image of His opposite number, and is always trying to get back home".

"Mostrami un uomo o una donna soli e ti mostrerò un santo o una santa. Dammene due e quelli si innamoreranno. Dammene tre e quelli inventeranno quella cosa affascinante che chiamano "società". Quattro ed edificheranno una piramide. Cinque e uno lo metteranno fuori legge. Dammene sei e reinventeranno il pregiudizio. Dammene sette e in sette anni reinventeranno la guerra. L'uomo può essere stato fatto a immagine di Dio, ma la società umana è stata fatta a immagine del Suo opposto. E cerca sempre di ritornare."


[Stephen King - L'ombra dello scorpione]

martedì 2 ottobre 2007

Demian

Che stanchezza stamattina! Ho maturato troppo sonno arretrato, mi sa che stasera vado a nanna subito dopo cena.
La verità è che domenica mi sono stancato troppo: ho approfittato del giorno festivo per montare una grande libreria (cm 270 x 256) nello studio di casa, sono soddisfatto del risultato ma ieri ero tutto dolorante. Colpa di quel continuo saliscendi sulla scaletta per sistemare i tramezzi e avvitare il piano superiore.
Durante il viaggio in treno ho finito il "Demian". A dire il vero quest'opera di Hermann Hesse non mi ha entusiasmato come altre letture recenti, quali "Homo Faber " e "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", tuttavia mi ha offerto alcuni spunti interessanti.

Incentrato sul difficile passaggio dall'adolescenza alla vita adulta di Emil Sinclair, il libro è particolarmente adatto ai giovani, ma più in generale a tutti coloro che considerano il proprio destino come una meta da raggiungere con un faticoso travaglio personale. L'individuo ha una identità che lo rende autonomo dalla massa, perfino al di sopra dei grandi avvenimenti quali la guerra. Emil abbandona le sicurezze e le gioie della gioventù per intraprendere un cammino verso la maturità, che inevitabilmente porterà dentro di lui ad uno scontro tra il bene e il male. Lo aiuteranno in questo viaggio alcune guide spirituali, soprattutto l'amico Demian, ma alla fine si realizzerà come individuo adulto. Sullo sfondo della vicenda, i timori per l'avvento della prima guerra mondiale, che metterà un'intera generazione di fronte alle angosce di un mondo in rovina.
Tuttavia i livelli di lettura di un'opera sono diversi a seconda delle esperienze personali e, di conseguenza, dell'età. Credo che se avessi letto questo libro durante la mia adolescenza lo avrei apprezzato maggiormente.

mercoledì 26 settembre 2007

Il pullman

Arrivo in stazione alle 6:15 come ogni mattina. Qualche goccia di pioggia, non ho l'ombrello perché troppo ingombrante, tanto ne ho uno pieghevole in ufficio. Puntuale ore 6:20 si parte, oggi forse riesco ad appisolarmi perché c'è l'autista che io chiamo "il tapino", quello che ha la faccia da bambino appena sgridato ma il piede sull'acceleratore leggero leggero!


Cerco di scegliere un posto lontano dagli altoparlanti dell'autoradio, ma pure non troppo vicino agli studenti universitari, che a quell'ora parlano di continuo e chiudere occhio è impossibile. Alle 6 del mattino non ho voglia di sentir parlare di lezioni, esami, dell'estate che se n'è andata e dell'inverno che verrà... Inverno che prevedo per me abbastanza travagliato, soprattutto a causa della situazione in ufficio e di cui racconterò in un prossimo post.
I posti liberi sono pochi, ne occupo uno abbastanza tranquillo. Almeno così pare, ma dalla prossima fermata potrebbe cambiare tutto a seconda di chi si siederà vicino... e invece sono fortunato, accanto a me si siede un ragazzo che conosco di vista, non so il suo nome ma mi sembra faccia il ricercatore all'Università, si infila gli auricolari dell'MP3 Player e chiude gli occhi, andiamo!
Come previsto viaggio tranquillo fino a S******, 40 minuti di pioggerella, poi si scende dal bus per passare al binario. In treno niente da segnalare, riesco persino a leggere un capitolo del mio "Demian" e finalmente sono a destinazione.
Il solito quarto d'ora a piedi sotto qualche goccia, ma il cielo si sta rischiarando. Un'occhiata alle email, il caffé alla macchinetta con R. e il mercoledì è servito. Prevedo calma piatta per oggi, domani forse qualche spunto in più con la visita del numero 2 della ditta!

giovedì 21 giugno 2007

Acquisti


Ritorno su questo blog dopo un'assenza di parecchi mesi per parlarvi del mio ultimo acquisto. Si tratta del navigatore per auto Acer D140, modello un po' datato in verità (è uscito nel 2005) ma che non ho resistito ad acquistare per la cifra di 129 euro da Euronics.

lato destro acer d140
Ebbene si, nonostante io sia un autista da neanche 7000 km l'anno, mi sono intestardito a voler comprare un navigatore, che di sicuro userò pochissimo. Ma che volete farci? Anche se mi sforzo di risparmiare, ogni tanto non riesco a non comprare una qualche vaccata tecnologica. Quattro anni fa mi prese lo sturbo del deumidificatore, convinto che avrebbe alleviato la calura estiva come un condizionatore d'aria. Invece l'ho usato pochissimo, è tuttora imballato in cantina e non sono riuscito a venderlo neppure su eBay!
Tornando all'Acer D140, prima di acquistarlo mi sono letto un po' di recensioni sui forum. I pareri non sono a dirla tutta entusiastici, anzi sono in molti a lamentare la scarsa efficienza di questo modello, soprattutto a proposito del software in dotazione (Destinator LT).
Tuttavia alcuni tizi lo hanno smanettato per bene e sono stati così gentili da pubblicare una guida per installarvi il Tom Tom Navigator 5.21.
Ora vedo cosa riesco a combinare... se la famiglia mi lascia un po' di tempo libero.

giovedì 25 gennaio 2007

YieAr Kung Fu

Uno dei migliori videogame ai quali abbia mai giocato.
Non so quante monetine ci abbia speso al Luna Park di Borgosesia nei primi anni '80, ma non sapevo proprio resistere. Quando poi lo misero anche in sala giochi, il destino delle mie paghette settimanali fu segnato.
Il mio cruccio principale non è però dato dal tracollo finanziario che questo videogame mi ha inflitto, bensì dal rammarico di non essere mai riuscito ad andare oltre il secondo livello.
Per di più, soltanto poche volte sono riuscito a battere Tonfun...
Ora però è disponibile col MAME, quindi ogni tanto posso fare qualche partitina, per di più senza bisogno di spenderci la paghetta!



In questa immagine sono impegnato contro Chain, il ciccione che mi lancia frustate con la catena.


Qui invece eccomi pronto alla sfida con Tonfun... ovviamente ho perso!

Ok, sono un nostalgico degli Arcade.

Trovate la ROM del videogioco cliccando qui: Yie Ar Kung Fu

E se proprio non sapete cosa sia il MAME, eccovi il link per eccellenza: MAME



mercoledì 24 gennaio 2007

Paul Erdős

Recentemente ho letto la biografia di uno dei più geniali, ma sicuramente il più eccentrico, fra i matematici del XX secolo. Si tratta dell'ungherese Paul Erdős, di cui lo scrittore Paul Hoffmann ha delineato un ritratto umano e professionale in "L'uomo che amava solo i numeri" (Mondadori, 1999).
Nato a Budapest il 26 marzo 1913, Erdős si rivelò da subito un bambino prodigio. All'età di 3 anni scopri da solo i numeri negativi, iniziando così ad appassionarsi alla matematica e a risolvere problemi legati alla teoria dei grafi, al calcolo combinatorio, alla teoria dei numeri, all'analisi, alla teoria degli insiemi e al calcolo delle probabilità.
Divenne famoso per il suo stile di vita "vagabondo", che lo portava da un capo all'altro del pianeta per tenere conferenze, ma anche per presentarsi a casa di colleghi matematici chiedendo loro ospitalità.
Capace di reggere ritmi di lavoro anche di 16-18 ore al giorno, fu autore di 1485 articoli di matematica, collaborando con 485 diversi colleghi.
Il suo nome è legato anche ad una curiosità, nota come "numero di Erdős". Si definiscono infatti come numeri di Erdős 1 i colleghi che hanno pubblicato un lavoro in collaborazione con Paul. Allo stesso modo, un matematico che abbia partecipato ad un lavoro con un collega di Erdős avrà il numero 2 e così via.
In base a questa regola, chi non ha mai pubblicato un lavoro matematico avrà numero di Erdős infinito. Purtroppo non è più possibile ottenere il numero di Erdős 1, in quanto Paul è morto per un attacco di cuore il 20 settembre 1996 durante un congresso a Varsavia.

Per chi ama la matematica, ma soprattutto è incuriosito dai suoi eccentrici protagonisti, il libro di Hoffmann sarà sicuramente di piacevole lettura.

mercoledì 17 gennaio 2007

Le canzoni della nostra vita

Inizio questo mio blog riportando il testo di una canzone che per me ha molti significati.
Provate a leggere almeno il ritornello...


Sogno della galleria - F. Simone (1982)

Piove un'acqua scura su di me
com'è tardi, non si arriva mai
piazza affollata, tutti a guardare me,
sono nudo, ho vergogna e scappo via.
Cado, mi rialzo e cado ancora,
pesa sulla testa anche l'aria.
Vedo un riflesso ma non sono quello li
erano più chiari gli occhi miei.
Chiamo un amico, ma l'ombra scappa via
chiamo senza voce, e rossa, rossa, rossa tanta luce.
Manca l'aria in questa galleria
passa proprio sotto casa mia,
strade nascoste, sotterrate ma perchè
e tu in questa stanza cosa vuoi da me?
Cerco una strada, per fermarmi o per andare,
viene da lontano una donna senza un'ombra di pudore.

Voglio correre, voglio andare via, questa non è casa mia,
voglio correre, voglio andarmene oltre questa galleria,
lei mi aspetta e la devo trovare, se ritardo lei può farsi male... male.

La finestra con i vetri rosa si apre sull'interno di una chiesa
manca un altare, non c'è santo né preghiera,
non è inverno ma neanche primavera.
Cerco una strada, per fermarmi o per andare,
verso l'orizzonte, quanto cielo, quanti voli da spiccare.

Voglio correre, voglio andare via, questa non è casa mia,
voglio correre, voglio andarmene oltre questa galleria,
lei mi aspetta e la devo trovare, se ritardo lei può farsi male... male.

Cerco una strada, per fermarmi o per andare,
verso l'orizzonte, quanto cielo, quanti voli da spiccare.

Voglio correre, voglio andare via, questa non è casa mia,
voglio correre, voglio andarmene oltre questa galleria,
lei mi aspetta e la devo trovare, se ritardo lei può farsi male... male.


Voglio correre, voglio andare via, questa non è casa mia,
voglio correre, voglio andarmene oltre questa galleria,
lei mi aspetta e la devo trovare, se ritardo lei può farsi male... male.


Questa canzone riassume quasi tutti i sentimenti della mia vita: la voglia di inseguire i sogni, di uscire dal quotidiano, un percorso costellato di gallerie dalle quali uscire per vedere finalmente la luce, dopo tanto buio.