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IndiaEveryday

martedì 30 giugno 2009

See you next Monday

Dopo che nella serata di sabato mi sono rivisto per l'ennesima volta Predator, che mi mette sempre una paura fottuta, la settimana è iniziata in modo scoraggiante.
Tanto per cominciare il meeting per la realizzazione del prototipo non ha mosso un passo avanti, siamo ancora alle prese con la definizione dell'architettura e, se oggi il manicomio non mi darà udienza per risolvere alcuni dubbi, avrò perso 2 giorni in modo infruttoso.
Poi ieri mattina mi sono trovato un mozzicone di sigaretta davanti al cancello: la sera prima non c'era, perché annaffiando le palme non avrei potuto non notarlo. Qualcuno nottetempo ci spia? Ci stanno curando per un assalto? Oppure un uccello l'ha lasciato cadere mentre era in volo? Tranne quest'ultima, remota ipotesi, le altre mi lasciano ben poco tranquillo...
Sempre ieri mattina ho ricontattato via email una ditta che l'anno passato stava per assumermi, ma poi la mia reticenza fece saltare tutto quanto. Sarebbero ancora disposti ad accogliermi, ma le previsioni poco rosee per l'anno venturo hanno fatto bloccare le assunzioni. Un contratto a termine di 6 mesi me lo proporrebbero, ma uno a tempo indeterminato al momento no.
Infine, ieri sera ho spezzato la chiave del lucchetto della bici, col risultato che sono dovuto tornare a casa a piedi, per poi ridiscendere in stazione dopo cena per segare la catena... in pratica ho dovuto rubare la mia bici.
E dire che nel week-end mi sono anche riposato abbastanza, ma lunedi è arrivato troppo presto. E la tristezza dell'inizio settimana si accompagna al lavoro che non sopporto, in quanto è forse la cosa più lontana dalle mie aspirazioni; intendiamoci, è sempre uno stipendio e come tale va rispettato, ma non posso vivere con la prospettiva di essere felice solo il 27 del mese...
A ciò aggiungiamo che da oltre 2 mesi non riesco a spuntare un colloquio di lavoro che sia uno. Finché ero a casa in cassa integrazione, ogni 2 settimane al massimo ricevevo una chiamata, ma dal mese di maggio è come se i rubinetti si fossero chiusi. Come se le aziende che già erano in crisi ci siano rimaste dentro, mentre quelle che non lo erano ci siano invece entrate. Anche fra i miei colleghi serpeggia la stessa impressione: rubinetti chiusi, così, quasi improvvisamente. Il pericolo che vedo nell'immediato è quello di adagiarsi, cominciare a pensare che si, in fin dei conti al lavoro che non piace ci si può anche abituare, si entra nella routine e il tempo se ne va. E se fra un paio d'anni si riproponesse la stessa situazione dello scorso novembre, ovvero l'azienda chiude e ci mette tutti a spasso? E se non intervenisse nessuno a rilevarci in blocco? Se adesso faccio fatica a trovare un impiego, chi si prenderebbe la briga di assumermi fra 2 anni?
Oggi siamo giunti a metà anno: se guardo a questi primi sei mesi del 2009. vedo più amarezze che bei momenti da ricordare. Non che io pretenda una vita senza sfighe, ma almeno non troppe tutte assieme...

venerdì 26 giugno 2009

In tutte le direzioni

Al ritorno dalla cassa integrazione non avevo proprio idea di come fosse la nuova proprietà.
O meglio, sapevo che il business principale fosse quello della consulenza alle imprese, ma i sindacati ci avevano ben detto che il nostro gruppo si sarebbe dedicato allo sviluppo di nuovi prodotti. Chi in cassa non ci è andato, o è finito in consulenza, oppure ha avuto 3 mesi per pensare a cosa saranno questi nuovi prodotti. Bisogna, ça va sans dire, pensare ovviamente ad offrire qualcosa che ancora non esiste, qualcosa che magari non ha neppure un mercato. Con lo scopo quindi di crearlo: offri un prodotto che magari non ha senso, ma qualcuno pensa "ehi, così com'è fa pena, ma mi fa venire in mente in'idea interessante".
Qual è il rischio più grosso che si può correre in questi casi? Quella che io definisco come "sindrome da pagina bianca": ovvero, quando non si sa da dove iniziare, si va in tutte le direzioni. Non si sceglie una, due, massimo 3 traiettorie e si prova a sviluppare qualcosa di nuovo a partire da quelle, assumendosene le responsabilità in caso di fallimento. No. Si preferisce invece aggredire decine di argomenti contemporaneamente, mettendo sempre le stesse persone su tutti quanti, convinti che pescando nel mucchio prima o poi salterà fuori qualcosa di buono. E' un po' il meccanismo della pesca a strascico: se butti le reti in mare, le attacchi alla barca e parti, prima o poi qualcosa ci rimarrà impigliato dentro. Non necessariamente pesci, però. Talvolta anche qualche asse del water.
Tanto per fare il mio caso personale, in 5 settimane di lavoro mi sono stati proposti, nell'ordine, i seguenti temi:
  1. Far parte del gruppo che si occuperà di ricerca sulle nuove tecnologie;
  2. Sondare le opportunità del mercato per offrirsi come tester o certificatori di applicazioni telematiche per auto. E qui apro una parentesi: con la crisi che attualmente investe il mercato dell'auto, non mi sembra proprio il momento di avvicinarsi baldanzosi a questo settore. Si rischia, nella migliore delle ipotesi, di non fare nulla per mesi. A meno di non offrire qualcosa di veramente innovativo. E cosa ci sia di innovativo nel fare test, proprio non ne ho idea. Almeno da noi è il lavoro che di solito si dà ai neolaureati per farsi un po' le ossa, e che di solito anche gli indiani, dopo un po', cercano di sbolognare a qualcun altro.
  3. Iniziare un corso Java, che un po' di Java non ha fatto mai male a nessuno; questa è stata, a mio parere, l'idea migliore, soprattutto perché ero un po' arrugginito di programmazione e poi Java non l'avevo mai affrontato. Si è cominciato quindi col J2SE e per me è stata davvero una eccellente opportunità;
  4. Nel mezzo del corso Java si è parlato di interrompere il tutto per fare invece un corso di SQL, perché "forse è meglio". Per fortuna non si è materializzata questa eventualità.
  5. Sempre durante il corso Java, io ed alcuni colleghi veniamo contattati per andare in consulenza presso un'azienda milanese che si occupa di router adsl, con la prospettiva di programmare driver in linguaggio C; a parte la trasferta, il lavoro mi interesserebbe. Difatti scelgono qualcun altro...
  6. Durante il corso Java, mi chiama uno dei capi e mi informa che ha scelto me, "perché di nessun altro si può fidare (!)", per organizzare una consulenza a medio-lungo termine per un cliente di Firenze. Si tratta, in breve, di fornire supporto per test di applicazioni (e dagli) e per configurare il loro ambiente di sviluppo. Anche qui mi sembra interessante, anche se spero di limitare il più possibile le mie trasferte toscane. Altra parentesi: il "solo di te mi posso fidare" è un vecchio cavallo di battaglia del capo in questione; di solito lo applica coi neoassunti, ma preso alle strette si è sentito di buttarlo in faccia anche a me. La frase, riveduta e corretta, dovrebbe invece essere: "Dal momento che tutti quelli cui avrei chiesto di occuparsi di questa menata si sono dimessi o sono stati posti in mobilità, chiedo a te di occuparti di questa menata, anche ti conosco poco o niente ma ho sentito dire che sei uno che non rompe troppo le scatole". Ecco, questo più o meno il senso della frase.
  7. Finito il corso Java J2SE, avrei dovuto iniziare la parte J2EE. E invece scoppia il temporale. Mi viene chiesto di fare il Project Leader per un gruppo SW che, in soli 3 mesi, deve realizzare un prototipo funzionante di un sistema di riconoscimento utente. Bello a dirsi, ma in 3 mesi non so proprio cosa salterà fuori...

... speriamo un altro lavoro! E' che con tutti questi stravolgimenti risulta difficile anche aggiornare il proprio curriculum. Alla domanda "qual è la sua occupazione attuale?", mica posso rispondere elencando tutti e 7 i paragrafi precedenti!

In particolare la realizzazione del prototipo è una delle tante idee che escono dalla fucina marketing del V piano, che deve la sua esistenza solo all'introduzione della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi. Se tale legge non fosse stata approvata, probabilmente ora non sarei qui a scrivere delle loro mirabolanti idee. E così, per scrivere il documento tecnico di requisiti per questo prototipo, sono costretto a frequentare sempre più spesso il manicomio del V piano.

E quando ne esco, infarcito di idee astruse quali "computer onnipresenti", "pervasivi", "adattativi", "reti ubique", mi chiedo se per stendere il mio documento non gioverebbe prendersi una mezza bottiglia di Metaxa. Così, a digiuno.

E' che mi hanno detto che col Lexotan fa un cattivo miscuglio.

giovedì 25 giugno 2009

Ritorno al mondo nuovo

Tornando a scrivere dopo quasi sei mesi su questi blog provo una sensazione strana.
E' incredibile come nel volgere di una manciata di settimane si possano condensare così tanti avvenimenti da non riuscire più a sentirsi come prima, a vedere molte cose allo stesso modo di prima. A questo punto tanto vale prendere coscienza del fatto che non si è più la stessa persona di prima.
Cominciamo dal lavoro.
Nel passaggio dalla vecchia azienda alla nuova proprietà sono stato prima licenziato e poi assunto contemporaneamente. Dopo un solo giorno di lavoro sono stato messo in cassa integrazione straordinaria per 3 mesi. Straordinaria significa che non si maturano ferie, non si ha diritto alla malattia retribuita e altre amenità.
Durante queste 13 settimane trascorse lontano dall'ufficio mi si è aperto davanti un mondo completamente nuovo. Dopo tanti anni passati davanti a un monitor per buona parte della propria vita diurna riesce difficile immaginare che là fuori esiste qualcuno che passa la giornata senza un lavoro, ma che soprattutto non ha nessuna intenzione di cercarselo perché campa benissimo così.Intendiamoci: il mio assegno mensile durante la cassa ammontava a poco meno di 1000 euro netti e non bastava assolutamente al fabbisogno familiare, soprattutto nei mesi invernali in cui la bolletta del riscaldamento se ne porta via una fetta cospicua. Eppure, parlando con alcuni lavoratori nella mia stessa situazione, pare che ci siano persone che, tra un lavoretto in nero e l'altro, riescano ad arrontondare il magro guadagno della cassa fino al punto da chiedersi: "ma chi me lo fa fare di ritornare in azienda?". Certo la cassa è temporanea e soprattutto i termini di durata li decide l'azienda. Pero' questi termini possono essere lunghi anche anni, soprattutto per quei lavoratori molto vicini alla pensione. Inoltre, oltre alla cassa esiste pure la mobilità, che compete ai lavoratori licenziati e che, per gli ultraquarantenni, arriva a coprire fino a 2 anni.
Insomma, come dicevo mi si è aperto davanti agli occhi un mondo nuovo. In tempi di crisi la cassa pare una condizione comune, almeno a giudicare dal numero di papà davanti alle scuole per accompagnare o riprendere i figli.
E se all'inizio ci si vergogna un po', dopo qualche settimana ci si abitua senza fatica. E a quel punto è difficile tornare indietro.
Eccone la prova.
La settimana precedente la Prima Comunione di mia figlia mi sono deciso ad andare da un barbiere. Non entravo in una bottega di barbiere da qualche anno, perché solitamente mi faccio tagliare i capelli da mia moglie con il tosatore elettrico. La bottega è come tutte quelle di paese: il barbiere ciarliero, i clienti in attesa a leggere o commentare i discorsi, il tizio che non è li per farsi radere ma solo per partecipare al dibattito del giorno. Ad un certo punto entra un personaggio, saluta tutti e se ne va. Il barbiere dice al tizio che in quel momento stava servendo: "Lo vedi quello? E' in cassa integrazione da 3 anni e non ci pensa mica più ne' a tornare al lavoro, ne' a cercarsene un altro. E dire che ne ha anche avute di opportunità: ma un lavoro è troppo lontano da casa, un altro è troppo faticoso, un altro ancora non gli piace il capo, un altro è quasi sempre di notte, e così via. Alla fine ha ragionato così: - Per andare a lavorare mi offrono solo 200 euro al mese in più di quelli che prendo rimanendo a casa. Con l'aggiunta che, rimanendo a casa, riesco a fare tutto ciò per cui lavorando non ne ho mai il tempo. E ogni tanto, se ho bisogno di soldi, mi adatto a fare qualche lavoretto saltuario - . E chi glielo fa fare di cercarsi un lavoro?".Il ragionamento, in un'ottica puramente economica, non fa una grinza.
E io ho ormai smesso da un pezzo di credere di potermi realizzare attraverso il lavoro.
Ma la cassa integrazione ha avuto per me altri risvolti, che ho deciso di svelarvi pian piano...