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IndiaEveryday

giovedì 27 dicembre 2007

Missione compiuta (part two)

Il sottotitolo della due giorni natalizia si può sintetizzare così: "Tutto secondo copione".
In realtà ci sono stati due piccoli imprevisti. Il primo, il giorno della vigilia, quando mia moglie ha portato le tagliatelle fresche fresche a casa di sua madre, con lo scopo di guadagnare tempo il giorno successivo. La sera della vigilia mia moglie si chiede infatti: "Non è che per caso mia madre e mia sorella si mangiano le tagliatelle stasera stessa?". In effetti il pericolo era reale, perché sua sorella stava male e nessuno aveva voglia di cucinare. Comunque, quest'idea non si è concretizzata, il che è stato positivo soprattutto per me, in quanto non è bello perpetrare un grave fatto di sangue subito dopo essersi confessati...
La sera della vigilia nostra figlia partecipava ad una recita in chiesa al nostro paese, ma mia suocera non poteva assistere alla rappresentazione. Ha preferito infatti andare a vedere un mega-falò con offerta di panettone e vin-brulé in un paesello di montagna a 30 km da casa nostra, talmente disperso fra le prealpi che per poco non si perdono fra le stradine. E quindi il giorno successivo il tema centrale della discussione al pranzo di Natale sono state le peripezie sue, della figlia, del convivente e del povero uomo che sopporta mia suocera, alla ricerca del paesello col mega-falò. Soltanto nelle menti semplici come quella di mia suocera un falò natalizio può esercitare un fascino maggiore che assistere alla recita della sua nipotina, ma ho deciso di soprassedere.
Il secondo imprevisto si è materializzato la mattina di Natale. Alle 11:10 mia suocera telefona per chiedere se possiamo portare alcune tartine di antipasto, perché i loro preparativi sono in ritardo preoccupante. E così, in meno di mezz'ora mia moglie ed io riusciamo a preparare una quarantina di tramezzini con salmone e maionese, salsa di formaggio, capperi e pasta di acciughe, gamberetti e salsa aurora. Fortuna di avere sempre qualcosa nel freezer che non siano ghiaccioli o gelato, cose che invece si possono trovare sempre come unici abitanti nel frigo di mia suocera.
Ed ora passo in rassegna il pranzo vero e proprio: antipasto di tartine, mega-insalatona a buffet, tagliatelle al pomodoro, timballo di verdure e panettone.
Come si può arguire, tutto rigorosamente vegetariano come impone la dittatura di mia suocera, sia dentro che fuori di casa sua. E poi l'insalata come antipasto, altra trovata dalla quale mi affrancherei volentieri.
Tra una portata e l'altra, due pause non tanto brevi per donare i regalini ai nostri figli, condite da una rappresentazione teatrale in cui il protagonista non era il dono in se', ma l'egocentrismo di mia suocera.
Altra grande trovata della giornata, la terza figlia, novella mamma, riverita come una regina. Per fortuna senza quel fenomeno del suo convivente, che per una stupida ripicca se n'è rimasto a casa a fumarsi spinelli sdraiato sul divano. Mi ha fatto dispiacere solo per il povero bambino loro, costretto a passare il primo Natale della sua vita con i genitori sparpagliati a pranzo ciascuno con le rispettive famiglie.
Sul tardo pomeriggio, come previsto, la visita degli zii, nipoti e fidanzato di una delle nipoti. E proprio sul filo del loro arrivo abbiamo tagliato la corda, giusto in tempo per evitare i soliti discorsi tra il Grande Zio e lo pseudo-convivente di mia suocera: le vacanze, i viaggi fatti, quelli ancora da fare e amenità del genere.
Cosa dire per concludere? Anche quest'anno il Natale è passato, evviva Natale!

lunedì 24 dicembre 2007

Missione compiuta (part one)

Per chi avesse seguito i post precedenti, oggi è il gran giorno delle tagliatelle di Natale.
Ecco nella foto una fase della lavorazione.


Primi commenti dopo la fine dei lavori:
- il pavimento della cucina è coperto di farina, ci si può pattinare sopra ;-)
- mia moglie stavolta è convinta:"L'anno prossimo ce ne stiamo a casa".

Che dire... aspettiamo il gran pranzo di domani!

venerdì 21 dicembre 2007

Merry Christmas!


A tutti coloro che passano di qua, auguro un felice Natale ed un sereno 2008.

Che sia un anno di pace, gioia e prosperità per voi e per le persone cui volete bene.

martedì 18 dicembre 2007

Le mie prime chiavi di ricerca

Anche io, sulla falsariga di quanto fa il Busca, pubblico le mie prime chiavi di ricerca.
Per chi non lo sapesse, quando cercate qualcosa su un motore di ricerca tipo Google e decidete di cliccare il link che vi porta a questo sito, si può sapere esattamente cosa stavate cercando.

E siccome il mio blog ha raggiunto la ragguardevole cifra di circa 50 visitatori al mese (wow!), ho pensato di pubblicare le chiavi di ricerca che hanno portato ignari visitatori sino alle mie pagine negli ultimi 3 mesi.

Di fianco, come nella migliore tradizione del Busca, un piccolo commento personale in grassetto.


"per un amico" festa dei bambini - a casa mia è sempre festa per i bambini!
"questa non è casa mia" canzone - il mio primo post, la canzone "Sogno della galleria"
acer - d140 - ti dirò, non un grande acquisto
acer d 140 problema - puoi essere un po' più specifico?
acer d140 tomtom - sempre meglio che il Destinator LT in dotazione!
andare via questa non è casa mia - scommetto che hai fatto scattare l'allarme...
attacco navigatore - stiamo sempre parlando di aggeggi elettronici o intendi assaltare un natante?
auguri agli zii a natale - per me bastano e avanzano
bambino di fuga dal natale - il mitico Spike Frohmayer
blog corso tedesco - mi spiace, ci ho provato a impararlo ma non ho costanza ne' metodo
blog essenza - nel senso di "aroma"?
calcolo numero di erdos - il mio è infinito
canzone se cado mi rialzo - bravo, mai mollare!
canzone sogno della galleria - quello è il titolo
canzone: voglio correre voglio andare via - è sempre lei
cartina germania - la mia fa schifo, era solo un esempio
casa regalare quest'anno a vostra moglie - c'è solo l'imbarazzo della scelta: un composter ad esempio è molto trendy
come confezionare cesti natalizi in casa - mia moglie è molto in gamba!
come incartare cesti natalizi - un consiglio: se vuoi risparmiare, compra il cellophane da un fiorista anziché al supermarket
come incartare i cesti natalizi - beh, col cellophane che fa cri-cri
cosa regalare ad una suocera - alla mia, un flacone di topicida
cosa regalare agli zii - il loro servizio da tisana che non usero' mai
cosa regalo a mia moglie? - Dalla domanda, deduco che siete sposati da un paio d'anni al massimo
definizione di pendolari - coloro che fanno tic-tac tra casa e lavoro
demian 1 - perché, ce n'è più di uno?
destinator lt - lascia perdere, meglio TomTom 6.02
deumidificatore arcade mod deu 20 - io ho un De Longhi 18, praticamente nuovo, se vuoi te lo vendo
dialetto valsesiano - al me' dialet, ma parlo anche il bellunese
doppio mento cosa fare - per fortuna non è un problema che mi riguarda, per ora
erdos - uno dei geni matematici del '900
erdos -bacon - come mischiare sacro e profano
erdos biografia - il libro consigliato nel mio post è molto interessante
euronics - uno dei luoghi dove faccio i miei peggiori acquisti
frasi in dialetto valsesiano - esempi: fe' andé la giaca, a l'è partighe al plafun, sun strac me 'na besch-a, eviva al Peru e tücc i sui Magun...
fuga dal natale - Libbricino leggero ma ben fatto
fuga dal natale grisham titolo originario - in lingua originale, Skipping Christmas
germania cartina - ripeto che la mia fa pena
giochi anni 80 kung fu - ce ne sono davvero molti: puoi cliccare qui
gioco ferrari testa rossa mame - non lo conosco
gps hermann becker - penso tu voglia dire "Harman Becker" (ottima azienda, ci ho lavorato)
http://gischio.blogspot.com/ - eccolo
le canzoni della nostra vita - direi che ognuno ha una canzone della propria vita
lo zen e l'arte di manutenzione della motocicletta demian - due libri che ho letto nel 2007
manca un altare non c'è santo nè - se ti trovi in una chiesa, direi che son passati i ladri
office per acer d140 - l'ho provato ma è troppo lento
paranzo natalizio - per me dalla suocera
paul erdos - già detto, vedi sopra
post atom emil - nn capisc, m spiac
quali sono i migliori giochi mame - tutti quelli che ti piacevano per il tuo primo home computer
questa non e'casa mia canzone - se non sei in casa tua, non cantare a squarciagola!
ragali sapientino - i miei figli ne hanno ricevuti parecchi, vedi post
recensioni sui deumidificatori - il mio l'ho usato pochissimo e pagato carissimo
ricevimento regali e matrimonio - ti consiglio di farteli portare a casa
significato della canzone voglio andar via - se vuoi te lo spiego, non scappare però...
significato parola pendolare - colui che pendola
stringhe blog natalizie - sarebbe un blog interessante
suocera - soprassediamo...
tomtom per acer d140 - l'ho installato e va a meraviglia, se vuoi ti spiego come fare per sbloccarlo
videogame kung fu - ti consiglio il mitico Yie-Ar
voglio correre voglio andare via - "...individuo sospetto in zona"
voglio correre voglio andare via + "oltre questa galleria" - certo, è più sicuro
voglio correre voglio andare via lei mi aspetta la devo - lei fa il palo mentre tu arraffi, vero??
voglio correre voglio andare via questa non è casa mia - scommetto che è scattato l'allarme
voglio correre voglio andarmene (testi) - c'è solo da correre, non arraffare niente
voglio correre voglio andarmene oltre questa - oltre questa... cancellata?
voglio correre, voglio andare via - mi sa che è troppo tardi, ti hanno beccato!

venerdì 14 dicembre 2007

Canzone per un amico

Oggi avrei voluto parlare dei libri che ho letto nel 2007.
Stavo infatti preparando mentalmente questo post ripercorrendo da un punto di vista letterario quest'anno che si chiude.
Oppure avrei voluto raccontare ancora qualcosa sui preparativi natalizi che sono entrati nella cosiddetta "fase calda".
Invece oggi parliamo di Davide, che è morto mercoledi, stroncato da un infarto a 36 anni.
Davide, anzi "Il Davide", come lo si chiamava in casa dei miei genitori, era un amico di infanzia, uno dei bambini del quartiere con il quale sono cresciuto. Uno dei miei primi compagni di giochi, vicino di casa quanto basta per andarlo a trovare in bicicletta a 7 anni, e per pensare che sì, anche quel pezzetto di strada percorso da soli era una conquista.
Eravamo parecchi noi bambini di quella via. D'estate tutti in giro in bicicletta, che tanto di auto se ne vedevano poche e non era pericoloso. Ma spesso anche a casa di qualcuno di noi, a nascondersi nelle cantine o a giocare a pallone nei cortili.
Ricordo il Davide e anche sua mamma, una signora piccola e obesa, in grado di muoversi con difficoltà e sempre pronta a difendere il suo figliolo. Come quella volta che lui sbatté contro un palo della luce con la bicicletta nuova, regalo della Prima Comunione messo fuori uso ancora prima della Comunione stessa. E sua madre a incolpare noi più grandicelli di "averlo spaventato", costringendolo all'incidente.
Nella mia mente vedo una fotografia, una festa del mio ottavo o nono compleanno. Non riesco a distingure gli altri bambini, vedo solo il Davide con gli occhi chiusi che fa la linguaccia. E non riesco ad immaginarlo diverso da quella foto, neppure quando penso agli episodi bui della sua vita.
Dopo le scuole medie ci siamo allontanati, abbiamo saputo l'uno dell'altro solo attraverso altre persone, i nostri genitori in particolare. Il Davide è sempre il solito discolo, finisce con un po' di ritardo le scuole dell'obbligo e si mette a lavorare. Poi la maggiore età, in cui si perde il conto delle auto distrutte in incidenti, per fortuna senza conseguenze fisiche per lui e per gli altri. Pessime compagnie lo conducono sulla via della tossicodipendenza, dalla quale ne esce grazie ad una forza di volontà di cui non lo pensavo capace. Poi una ragazza, che diventa sua moglie e 10 anni fa lo rende padre di una bambina.
La vita sembrava serena adesso, lo sembrava fino a mercoledi sera.
Me lo voglio ricordare così il Davide. Quel bambino che al mio compleanno chiude gli occhi e fa la linguaccia.

giovedì 13 dicembre 2007

L'erba voglio

Interrompo i racconti delle vicissitudini aziendali per tornare al ménage familiare. Nella fattispecie ai preparativi natalizi.
Come ho già illustrato in un paio di post precedenti, quest'anno sarò costretto al pranzo natalizio in casa di mia suocera. Il che è positivo, perché allontana la minaccia del suo cane a casa mia.
Ma non significa che sarà una festa di tutto riposo.

Un paio di giorni fa mia moglie mi annuncia che sua madre vuole che facciamo parte dell'allegra brigata che allieterà la sua agape natalizia. E che, come già avvenuto anni addietro, noi siamo incaricati di preparare le tagliatelle. Le famigerate tagliatelle, che già mi andarono di traverso nel Natale 2002 e poi nel 2003.

In quel periodo abitavamo a circa 30 km da mia suocera. Il giorno di Natale lo si dovette trascorrere a casa sua, mentre la vigilia a casa nostra a impastare farina e uova, a stendere col matterello un ammasso informe dei suddetti ingredienti, a passarlo nella macchinetta per la sfoglia e infine a ridurlo a stringhe sottili.
Ricordo ancora la cucina, che era piccina come del resto l'intero alloggio, invasa da canovacci con centinaia di stringhe di pasta stese a riposare. Farina sul pavimento e appiccicata alla suola delle scarpe. Vassoi di cartoncino riciclati dalla pasticceria per il comodo trasporto del giorno successivo verso casa di mia suocera. Unica nota lieta, nostra figlia che si divertiva un mondo a impastare e a tentare, senza successo, di menare la manovella del marchingegno per la sfoglia.

Quest'anno la solita storia incombe, dopo essere rimasta sepolta nella mia memoria per qualche anno. E come qualche anno fa, ha innescato i consueti litigi tra me e mia moglie.
Ho provato infatti a rammentarle la situazione, che consiste nel passare la vigilia a impastare e poi a riordinare la cucina, con l'aggravante di dover fare il lavoro per un numero maggiore di persone rispetto al passato, in quanto gli invitati da mia suocera sono aumentati.
Per di più, col rischio che poi tanto lavoro si riduca ad una schifezza. Non credo infatti sia facile cucinare in un'unica pentola una quantità di tagliatelle per 10 persone, visto che già per 5-6 commensali le deliziose stringhe ritornano, come per un contrappasso, alla forma della palla di pasta originaria, da servire dopo aver separato il tutto col coltello. Non ci puoi fare niente, è la natura che ritorna alle sue origini, al caos primordiale. La natura vince sempre.

Dopo tutto questo ragionamento, mia moglie mi impartisce la lezione finale, che dà la stura a tutto il mio livore nei confronti di sua suocera: "Va bene, ci toccherà allora prepararle il mattino stesso di Natale, perché sai, mia mamma le tagliatelle le VUOLE fresche...".

Dopo queste parole, mi son sentito come se mi avesse gettato un pugno di sabbia in faccia: non tanto per la pretesa di mia suocera, che sarebbe solo l'ultimo tassello di quel grande ammasso di stupidaggini che danno forma alla sua esistenza. E' la struttura della frase che mi toglie le forze, soprattutto il verbo VUOLE. Ma come VUOLE, cosa VUOLE? Dopo che mia moglie ed io sgobbiamo per tutti quanti, quando invece le altre figlie, perché hanno i loro problemi, portano solo la bocca per mangiare e pure quella del convivente. Dopo che non siamo mai andati a pranzo a casa sua senza portare qualcosa. Dopo che mi sovviene ancora del Natale 2003, quando abbiamo pranzato alle 14 perché lei si era svegliata alle 10 e non aveva ancora preparato niente. Dopo che sopporto paziente le sue paturnie sul vegetarianesimo, al punto che pure le lasagne le dobbiamo preparare sempre differenziate per noi e per lei, e pure al nostro matrimonio le abbiamo fatto servire un pasto totalmente meat-free... ebbene, adesso VUOLE mangiare pure le tagliatelle appena uscite dalla macchinetta?

E qui entra ancora una volta in gioco il mio background familiare. A casa dei miei genitori, non esiste il verbo "vuole", per nessuno, grande o bambino che sia. Come dice il Manzoni a proposito della peste, "... per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo...". Chi VUOLE, si FOTTE. Semplicemente. Al massimo è concesso desiderare, ma senza alzare i toni. Non so se sia giusto o meno, ma questa forma di rispetto verso le persone cui faccio una richiesta me la porto dietro da quando sono piccolo.

E credo proprio che a Natale mi farà compagnia, mentre impasto.

mercoledì 12 dicembre 2007

L'importante è che tu ci creda

Sottotitolo: "ma sono io quello sbagliato?"

Ieri ho assistito all'assemblea di fine anno della nostra azienda. Vi partecipo per la prima volta in qualità di appartenente alla nuova divisione, quindi era lecito attendersi qualche novità.

E devo ammettere che qualche novità c'è stata.
I capoccioni venuti da UK apposta per noi non si sono accontentati di illustrare i dati aziendali, che vista la crisi non potevano essere del tipo "ma quanto siamo bravi". Si sono infatti dilungati sul confronto con la concorrenza, che quest'anno è andata davvero forte. Tutti i nostri diretti competitors hanno incrementato i loro profitti e guadagnato quote di mercato, perfino quegli scarsoni di MH che non fanno altro che copiarci, e per di più ci copiano male, con dei prodotti che si rompono anche solo a guardarli.
Quindi se noi andiamo male non è colpa del mercato, che appare in netta espansione, soprattutto in Europa. Ebbene si, è tutta colpa nostra, della nostra incapacità di interpretare ciò che desidera il mercato.

Ma non è di questo che volevo parlare, bensì dell'impressione che mi sono fatto partecipando a questa assemblea. Ora, a chiunque sia capitato di partecipare a eventi del genere non sarà sfuggito che, in fin dei conti, i concetti espressi sono sempre gli stessi: "Andiamo male ma ci risolleveremo", "Tutto dipende da voi", "L'anno prossimo miglioreremo", "Siamo tutti una grande famiglia" e cose del genere.

Premesso che basta una piccola esperienza in azienda per imparare a comprendere come ci siano delle situazioni che vanno secondo un copione da recitare, ciò che mi lascia l'amaro in bocca è la mia assoluta indifferenza verso questi tentativi di spronarci, di coivolgerci, di farci sentire parte di una squadra.

E non credo si tratti soltanto di cinismo dovuto alla situazione contingente. Cioè, anche se non fossimo in crisi, anche se ce la mettessi proprio tutta, non riuscirei a farmi coinvolgere più in là del mio dovere.

E questa pare essere una condizione mentale che non affligge affatto i miei colleghi. Vedo infatti che loro commentano positivamente gli input del management, si fanno coinvolgere; in breve, ci credono in quello che fanno.
Mentre io, anche in periodi meno burrascosi, ho sempre considerato il lavoro come un mezzo di sostentamento, un puro strumento per guadagnarmi da vivere e non una parte fondamentale della mia vita. Perché la vita è un'altra cosa, è là fuori e mi aspetta dalle 17:30 in poi, dal momento in cui mi chiudo alle spalle la porta dell'ufficio...

Sinceramente io ammiro chi riesce a farsi coinvolgere anima e corpo nel lavoro. Credo che pochissimi abbiano la fortuna di fare un lavoro che piace veramente; la stragrande maggioranza invece se lo fa piacere e questa è un'ottima cosa. Io vorrei essere come costoro, li ammiro ma non ci riesco proprio ad emularli.

Perciò anche una banale assemblea di fine anno come quella cui ho assistito ieri è sufficiente a mettermi in crisi; perché mi induce a chiedermi che cosa ci faccia io in mezzo a persone che hanno un approccio al lavoro totalmente diverso dal mio.

Mi sento fuori posto, mi sento quello sbagliato.

martedì 11 dicembre 2007

Togliamo un po' di ruggine

Settimana scorsa ho sostenuto un colloquio di lavoro telefonico con una società di consulenza informatica. Se escludiamo le varie compagnie di job placement quali Adecco, con le quali mi sono confrontato a cavallo dell'estate scorsa, si è trattato del mio primo colloquio da 5 anni a questa parte.
In effetti questo lasso di tempo si sentiva tutto. Nonostante io ritenga che l'impressione generale sia stata buona, un po' di ruggine accumulata in questi anni mi ha bloccato in più di un'occasione.

Ho perso infatti l'abitudine a rispondere a domande del tipo "qual è il suo miglior pregio", oppure "come si vede lavorativamente da qui a dieci anni". Il motivo è che, invecchiando, ho maturato una dose di cinismo che rischia di esplodere ad ogni domanda, vanificando gli sforzi per apparire motivato e pieno d'entusiasmo.

Alla grigia età di 37 anni, ritengo che l'entusiasmo per il lavoro sia solo un lontano ricordo. Per la verità, non sono sicuro di averne mai avuto in quantità notevoli, ma comunque in più di una situazione ho la ragionevole certezza di essermi profuso al 110%.

Tuttavia, la crisi che sta attraversando l'azienda in questo periodo ha sicuramente segnato la mia fiducia nel poter ancora combinare qualcosa di buono professionalmente. E non parlo qui di prospettive di carriera, visto che solo in rari casi sono stato contagiato da queste velleità. Parlo piuttosto della possibilità di trovare un equilibrio tra vita lavorativa e privata, tra l'impegno nell'attività quotidiana e una ragionevole tranquillità nei rapporti familiari.

La crisi aziendale sta infatti guastando tutto. Al lavoro si pensa a quando si uscirà per tornare a casa, mentre nel week-end il pensiero corre all'ufficio e all'incognita di quali altre pessime notizie riserverà la settimana che sta per iniziare.

Fortunatamente il colloquio sostenuto settimana scorsa, quale che sia il suo esito, mi ha sollevato il morale. Come detto, perché è il primo dopo un lasso di tempo lunghissimo, lasciando intendere che il mio profilo professionale desta ancora un qualche interesse, a dispetto dell'età.

Inoltre, quando si proviene da un'azienda in crisi, occorre fare molta attenzione a non svendersi a tutti i costi, facendo capire al possibile futuro datore di lavoro che, assumendoti, sarà lui a farti un favore.
Se l'ultimo periodo in azienda è stato burrascoso, il clima sfiduciante, allora il rischio di dare questa impressione è altissimo. Si deve tenere presente che chi ti cerca per offrirti lavoro non lo fa per farti un favore, ma perché pensa che tu gli possa servire.

Nello scrostarmi di dosso un po' di ruggine, mi auguro di non essere caduto in questa trappola.

lunedì 3 dicembre 2007

Pendolarismo spinto

Interrompo il racconto dei miei preparativi natalizi per commentare una notizia di cronaca.
Secondo quando dichiarato settimana scorsa sui maggiori quotidiani nazionali, l'Italia è diventata un popolo di pendolari. Ben 13 milioni di italiani, vale a dire 1 su 5, che salgono a 1 su 3 se si considerano soltanto studenti e pendolari, si spostano quotidianamente per studio o lavoro.
Al di là dei numeri, come al solito conviene approfondire il criterio con cui è stata fatta l'indagine. E si scopre che il significato di pendolare è stato leggermente travisato...
Infatti, l'inchiesta considera "pendolare" chiunque si sposti quotidianamente, per svolgere la propria attività di cui sopra, al di fuori del proprio comune di residenza.
Secondo me questa definizione è troppo ampia. Conosco ben poche persone che godono della fortuna di lavorare nello stesso comune in cui risiedono. Spesso poi, nel caso di chi lavora in una metropoli, la residenza nella cosiddetta "cintura" non si può considerare vero e proprio pendolarismo. A titolo di esempio, mi viene difficile considerare "pendolare" chi abita a Collegno (TO) e lavora in zona Torino Nord, che quasi dalle finestre di casa può vedere il proprio ufficio se la giornata è tersa e non ci sono palazzoni davanti...
Personalmente sono entrato nel tunnel del pendolarismo nel 1999, dapprima a piccole dosi di 90 minuti al giorno tra andata e ritorno. Poi, quando pensavo ancora di poter smettere, ci sono ricascato in dose ancora più massiccia. Il risultato, che rappresenta la mia attività di pendolare da circa un anno e mezzo a questa parte, è il seguente:
  1. Sveglia alle 5:30, rotolo giù dalle scale fino alla cucina dove mi bevo un succo di frutta e mi mangio una brioche
  2. Mi sposto in bagno per dedicarmi all'igiene personale
  3. Mi vesto rapidamente, scendo in garage e inforco la bici. Di solito esco di casa per le 6:10.
  4. Mi dirigo in stazione per 1,5 km. La strada è in forte discesa e non ci metto più di 4 minuti
  5. Prendo l'autobus sostitutivo del treno che, dopo 40 minuti, arriva al capolinea
  6. Prendo un treno per altri 20 minuti e scendo ad una stazione intermedia
  7. Prendo un altro treno per 25 minuti e finalmente arrivo nella metropoli
  8. Mi faccio 20 minuti a piedi e sono in ufficio per le 8:20
Tutto questo implica ovviamente che i mezzi pubblici non siano in ritardo. Altrimenti, a Trenitalia piacendo, l'orario dell'arrivo in ufficio può slittare in avanti anche sensibilmente.
La sera si ripete il rito in direzione inversa.
Verso le 17 inizio a fibrillare, sperando che qualche collega o peggio ancora il capo non vengano a chiedermi qualcosa di urgente. Se la fortuna mi assiste, alle 17:25 riesco ad uscire, altrimenti mi tocca rimandare di un'ora perché tanto il viaggio perderebbe il sincronismo delle coincidenze.
Perciò treno + treno + treno (nel frattempo il bus sostitutivo è stato promosso a treno) + bici e finalmente sono a casa per le 19:20 circa, ovvero alle 20:15 qualora non sia riuscito ad evitare capo e colleghi oltre le 17.
Dimenticavo di far notare che il percorso effettuato con bici è diventato in salita. Quindi la sera, prima del rientro, mi aspetta il mio personalissimo Muro di Huy.
Possibili varianti sono:
  1. La pioggia: se minaccia cattivo tempo fin dal mattino, anziché la bici ho la fortuna di poter usare l'auto, che lascio in stazione fino alla sera
  2. I ritardi, di cui ho già parlato
  3. L'eventualità, finora sempre scongiurata, che mi si chieda di fare MOLTO TARDI in ufficio.
Quest'ultima variante è per me un vero e proprio spauracchio: qualora infatti mi si chiedesse di rimanere in ufficio oltre le 19:30, perderei l'ultima coincidenza intermedia. Ciò comporterebbe di chiedere a mia moglie di caricare i bambini in macchina alle 20:30, percorrere 35 km e venirmi a prendere, per poi ritornare tutti insieme a casa non prima delle 21:30.

Propongo di introdurre una soglia chilometrica per la definizione di "pendolare"!