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IndiaEveryday

giovedì 13 dicembre 2007

L'erba voglio

Interrompo i racconti delle vicissitudini aziendali per tornare al ménage familiare. Nella fattispecie ai preparativi natalizi.
Come ho già illustrato in un paio di post precedenti, quest'anno sarò costretto al pranzo natalizio in casa di mia suocera. Il che è positivo, perché allontana la minaccia del suo cane a casa mia.
Ma non significa che sarà una festa di tutto riposo.

Un paio di giorni fa mia moglie mi annuncia che sua madre vuole che facciamo parte dell'allegra brigata che allieterà la sua agape natalizia. E che, come già avvenuto anni addietro, noi siamo incaricati di preparare le tagliatelle. Le famigerate tagliatelle, che già mi andarono di traverso nel Natale 2002 e poi nel 2003.

In quel periodo abitavamo a circa 30 km da mia suocera. Il giorno di Natale lo si dovette trascorrere a casa sua, mentre la vigilia a casa nostra a impastare farina e uova, a stendere col matterello un ammasso informe dei suddetti ingredienti, a passarlo nella macchinetta per la sfoglia e infine a ridurlo a stringhe sottili.
Ricordo ancora la cucina, che era piccina come del resto l'intero alloggio, invasa da canovacci con centinaia di stringhe di pasta stese a riposare. Farina sul pavimento e appiccicata alla suola delle scarpe. Vassoi di cartoncino riciclati dalla pasticceria per il comodo trasporto del giorno successivo verso casa di mia suocera. Unica nota lieta, nostra figlia che si divertiva un mondo a impastare e a tentare, senza successo, di menare la manovella del marchingegno per la sfoglia.

Quest'anno la solita storia incombe, dopo essere rimasta sepolta nella mia memoria per qualche anno. E come qualche anno fa, ha innescato i consueti litigi tra me e mia moglie.
Ho provato infatti a rammentarle la situazione, che consiste nel passare la vigilia a impastare e poi a riordinare la cucina, con l'aggravante di dover fare il lavoro per un numero maggiore di persone rispetto al passato, in quanto gli invitati da mia suocera sono aumentati.
Per di più, col rischio che poi tanto lavoro si riduca ad una schifezza. Non credo infatti sia facile cucinare in un'unica pentola una quantità di tagliatelle per 10 persone, visto che già per 5-6 commensali le deliziose stringhe ritornano, come per un contrappasso, alla forma della palla di pasta originaria, da servire dopo aver separato il tutto col coltello. Non ci puoi fare niente, è la natura che ritorna alle sue origini, al caos primordiale. La natura vince sempre.

Dopo tutto questo ragionamento, mia moglie mi impartisce la lezione finale, che dà la stura a tutto il mio livore nei confronti di sua suocera: "Va bene, ci toccherà allora prepararle il mattino stesso di Natale, perché sai, mia mamma le tagliatelle le VUOLE fresche...".

Dopo queste parole, mi son sentito come se mi avesse gettato un pugno di sabbia in faccia: non tanto per la pretesa di mia suocera, che sarebbe solo l'ultimo tassello di quel grande ammasso di stupidaggini che danno forma alla sua esistenza. E' la struttura della frase che mi toglie le forze, soprattutto il verbo VUOLE. Ma come VUOLE, cosa VUOLE? Dopo che mia moglie ed io sgobbiamo per tutti quanti, quando invece le altre figlie, perché hanno i loro problemi, portano solo la bocca per mangiare e pure quella del convivente. Dopo che non siamo mai andati a pranzo a casa sua senza portare qualcosa. Dopo che mi sovviene ancora del Natale 2003, quando abbiamo pranzato alle 14 perché lei si era svegliata alle 10 e non aveva ancora preparato niente. Dopo che sopporto paziente le sue paturnie sul vegetarianesimo, al punto che pure le lasagne le dobbiamo preparare sempre differenziate per noi e per lei, e pure al nostro matrimonio le abbiamo fatto servire un pasto totalmente meat-free... ebbene, adesso VUOLE mangiare pure le tagliatelle appena uscite dalla macchinetta?

E qui entra ancora una volta in gioco il mio background familiare. A casa dei miei genitori, non esiste il verbo "vuole", per nessuno, grande o bambino che sia. Come dice il Manzoni a proposito della peste, "... per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo...". Chi VUOLE, si FOTTE. Semplicemente. Al massimo è concesso desiderare, ma senza alzare i toni. Non so se sia giusto o meno, ma questa forma di rispetto verso le persone cui faccio una richiesta me la porto dietro da quando sono piccolo.

E credo proprio che a Natale mi farà compagnia, mentre impasto.

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