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IndiaEveryday

giovedì 2 luglio 2009

Il ragazzo di campagna

Ogni mattina, nel tragitto dalla stazione all'ufficio, passo davanti una filiale di banca.
Ieri, primo del mese, alle 8:05 c'erano già 18 persone fuori in coda, in attesa dell'apertura, che avviene alle 8:35. Credo che per quell'ora si saranno accumulate non meno di 40 persone, praticamente tutti pensionati.
Forse, per chi vive in una grande città, scene di questo genere sono abbastanza normali. Infatti mentre passavo davanti a questa moltitudine assiepata sul marciapiedi, ho sentito una signora che diceva "Eh, cosa vuoi, è sempre più difficile arrivare alla fine del mese", con chiaro riferimento al fatto che l'attesa è tutta volta al primo giorno utile per ritirare subito lo stipendio o la pensione.
Per me, che vengo da un paesino di neanche 10.000 abitanti, scene come quella che ho descritto non si vedono mai. In attesa fuori da uno sportello bancario prima della sua apertura ci sono, al massimo, solo quelli che devono fare un'operazione rapida per schizzare al più presto al lavoro.
Allora in provincia stiamo meglio che in città? Si riesce a vivere meglio, dato che non abbiamo bisogno di aspettare in coda l'apertura della banca il primo giorno del mese?
Non saprei.
I pensionati che devono vivere con la minima ci sono anche in provincia e non credo se la passino bene, soprattutto se una quota fissa del reddito se ne va ogni mese, ad esempio, nell'affitto.
La mia opinione è che in provincia sia forse più facile vivere di espedienti. E qui ritorno alla situazione che ho descritto nel mio primo post al ritorno dalla cassa, cioè il tirare avanti arrangiandosi.
I pensionati che conosco io hanno tutti un orto, ad esempio. Che sicuramente non consente loro di vivere solo di quello, ma perlomeno evita di ricorrere al supermercato ogni volta che mancano pomodori e zucchine (almeno in questa stagione). E poi, quando qualcosa avanza, perché mica si può mangiare un chilo di pomodori tutti i giorni, esiste ancora la regola del baratto, ovvero dare a qualche amico o parente ciò che non si riesce a consumare, magari in cambio di un po' di pane avanzato per allevare qualche coniglio o gallina. I più fortunati hanno un piccolo pollaio, che si può mantenere con gli avanzi e permette di avere uova fresche ogni giorno.
In città già è un lusso avere un alloggio decoroso, figuriamoci un piccolo appezzamento per coltivare o allevare. Anche se il Comune di Torino offre ogni anno degli orti comunali per chi abbia voglia di cimentarsi nell'agricoltura, gli spazi sono troppo pochi per accontentare tutti. Si possono comprare i prodotti al mercato rionale: se si ha pazienza di girare tra i banchi e confrontare i prezzi, ne vale sicuramente la pena.
Insomma, la vita di provincia è ancora legata a queste attività un po' arcaiche di agricoltura, allevamento e baratto; ma in tempi di crisi permettono di tirare avanti e, forse, di risparmiare anche qualcosa.

2 commenti:

Vittorio ha detto...

Mah, ti dirò...
Io vivo proprio in provincia (lombarda, la cara vecchia Bassa Padana).

1) Tutti (tranne io :) ) hanno un orto e riesco sempre, e dico sempre, ad avere qualsiasi cosa senza andare nei supermercati.

2) Sono un libero professionista, e spesso mi capita di ricevere invece della parcella...l'equivalente in natura (non pensar male!!!). Mi piace che mi diano carne bianca o vegetali da sfamare un reggimento, ma se non sto attento mi pagano solo così. Notare che nessuno, almeno a vista, mi sembra proprio messo male da dinè, anzi...

3) in città (o fuori città) gli orticelli ci sono, basta guardare bene. Io a Milano ne ho visti, e parecchi. E' vero, come dici tu, che è impossibile che tutti i cittadini seguano questa filosofia.

4) La fila in banca nei miei paesotti NON C'E' MAI. Esattamente come dici tu.

E poi lasciami dire pure che vivere in provincia, a parte il basso impatto sociale (c'è poca gente) si vive molto, ma molto rilassati.
Molto dipende dal tipo di lavoro, ma in generale si, si vive un po' meglio.
Tanto per andare a divertirsi in città si fa presto, no?

Gischio ha detto...

Ciao Vittorio e grazie per il tuo commento.
La diatriba se sia meglio la città o la provincia è eterna, indubbiamente ciascuno può propendere a ragione per l'una o per l'altra a seconda di quale aspetto si analizza.
Personalmente non cambierei la mia situazione attuale per andare a vivere in città, anche se riconosco che avrebbe molti vantaggi.
Anzitutto il lavoro: nel mio paese c'è una sola grande azienda, per il resto è un fiorire di piccole attività semi-artigianali o libere professioni. Se hai fatto studi universitari e non vuoi metterti in proprio, o emigri in città o fai il pendolare in dose massiccia.
Ecco, proprio quest'ultima scelta ho fatto...