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IndiaEveryday

lunedì 21 gennaio 2008

Aggiungi un posto a tavola

Sul fronte lavorativo, la scorsa settimana si è rivelata parecchio impegnativa.
Infatti ho dovuto apprendere svariate nozioni nuove per condurre al meglio il mio nuovo lavoro. Ed ho scoperto di avere anche una qualifica precisa: "SW Integration Manager", ovvero colui che mette assieme pezzi di codice proveniente da sviluppatori sparsi in giro per il mondo, li mette sotto controllo di configurazione e li passa al livello di integrazione successivo.

In soldoni sono un passa-carte, meglio ancora un passa-SW, soltanto che lo devo fare con molta attenzione, soprattutto per non perdermi pezzi che altri hanno sviluppato e che giustamente vogliono metter dentro al SW principale.

Attenzione, non fatevi ingannare dalla parola "manager". Infatti dove lavoro io sono tutti manager ("todos caballeros", come dice un mio collega), perché la parola riempie bene la bocca e mette responsabilità al dipendente, caso mai si pensasse che il suo ruolo sia di poco conto.

Parola usata ed abusata, nel mio caso l'appellativo di "manager" si può considerare esattamente come nella definizione data dal Manzoni alla peste, ovvero "non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome".
Invece, per meglio chiarire il concetto di SW Integration, che ha fatto la fortuna della moderna ingegneria del SW, preferisco ricorrere ad una metafora culinaria di mia invenzione.
Immaginate di partecipare ad un pranzo nuziale con decine di portate, in cui però ogni invitato abbia a partecipare con una sua prelibatezza: c'è chi porta gli antipasti di mare, chi i Crodino, chi il risotto etc. Io sono responsabile dei primi piatti, ovvero accolgo gli invitati che arrivano con pasta alla carbonara, risotto alla pescatora, crespelle e cosi via. Qualcun altro come me sarà responsabile dei secondi, degli antipasti, dei dolci, fino alla fine del pasto.
Affinché il pasto riesca bene, devo tenere nota di tutti i primi ed informare il Mega-Chef di tutto ciò che gli invitati mi hanno portato. Inoltre, per la soddisfazione degli invitati stessi, devo fare in modo che ogni cosa portata da loro rientri nel pranzo stesso, affinché nessuno abbia a dire: "Ma come, porto le lasagne e neppure le mettono nel menù". Ciò comporterebbe infatti una terribile delusione da parte del commensale latore delle lasagne, nonché una inevitabile lavata di capo da parte del Mega-Chef nei miei confronti, in quanto mi sarei dimenticato di inserire nel pranzo una portata fondamentale.
Ovviamente la regìa occulta di tutto questo teatrino sarebbe orchestrata dagli sposi, che nel mio caso sono il mercato su cui uscirà il nostro prodotto. Agli sposi non interessa quello che noi combiniamo e come organizziamo le varie portate. A loro importa solamente che il pranzo riesca in modo esemplare, pagando il meno possibile.
Il mio Mega-Chef dovrebbe essere colui che mi insegna i trucchi del mestiere, nonché la sopraffina arte di combinare più piatti senza incasinare il risultato finale. Ad esempio, penne al ragù di cinghiale e risotto alle vongole non andrebbero serviti uno dopo l'altro. Inoltre mi dovrebbe aiutare nell'uso degli attrezzi più idonei, per evitare che io prepari un pesto alla genovese con un batticarne, anziché pestare bene il tutto in un mortaio.
Ora succede però che il mio Mega-Chef non abbia tempo, tutto indaffarato a preparare decine e decine di pranzi nuziali, mica solo quello cui presto servizio io.
Perciò mi hanno indirizzato da un ragazzo, che chiameremo Josè, che lavora qui da circa un anno. Josè è preparatissimo e con una gran voglia di imparare, anche se mi ha candidamente confessato che lui si è già scocciato di fare l'integrazione SW. Il motivo? Guarda caso, perché dopo un po' l'attività diventa ripetitiva e non si impara più nulla. Inoltre è amareggiato perché, in quasi un anno di permanenza, non è ancora mai andato in trasferta, mentre i suoi colleghi hanno già viaggiato in lungo e in largo.

E l'azienda per cui lavoro, che nella sua grande magnanimità non ha mai negato un viaggio a nessuno (tanto non paga le trasferte), lo ha subito accontentato: trascorrerà la presente settimana a Tel Aviv, a insegnare le procedure di flashing del SW ai dipendenti di un'azienda israeliana.

Settimana scorsa il buon José, tutto galvanizzato, mi mostrava sul Web la foto dell'albergo di Tel Aviv dove risiederà durante la trasferta.
"Guarda com'è lussuoso", diceva.
"Speriamo sia blindato", ho pensato io.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è gente davvero strana in giro... io cambierei lavoro piuttosto di fare quello che deve fare il Josè senza la trasferta pagata... ma per fortuna siamo tutti diversi! Almeno non devo fare quello che gli altri si galvanizzano a fare...

Gischio ha detto...

Purtroppo da noi le trasferte non le hanno mai pagate. Ho passato un anno in Germania a più riprese, senza un centesimo in più in tasca rispetto a chi se ne stava al calduccio in ufficio.
E mi devo ritenere fortunato rispetto a colleghi che sono andati in Libano, Bangladesh, India o postacci in Africa.
Ovviamente nessuno è obbligato a partie, ma mentre in quasi tutte le aziende ci sono dei dipendenti che vedono con piacere le trasferte, da noi non si sgomita di certo...