Ieri ho assistito all'assemblea di fine anno della nostra azienda. Vi partecipo per la prima volta in qualità di appartenente alla nuova divisione, quindi era lecito attendersi qualche novità.
E devo ammettere che qualche novità c'è stata.
I capoccioni venuti da UK apposta per noi non si sono accontentati di illustrare i dati aziendali, che vista la crisi non potevano essere del tipo "ma quanto siamo bravi". Si sono infatti dilungati sul confronto con la concorrenza, che quest'anno è andata davvero forte. Tutti i nostri diretti competitors hanno incrementato i loro profitti e guadagnato quote di mercato, perfino quegli scarsoni di MH che non fanno altro che copiarci, e per di più ci copiano male, con dei prodotti che si rompono anche solo a guardarli.
Quindi se noi andiamo male non è colpa del mercato, che appare in netta espansione, soprattutto in Europa. Ebbene si, è tutta colpa nostra, della nostra incapacità di interpretare ciò che desidera il mercato.
Ma non è di questo che volevo parlare, bensì dell'impressione che mi sono fatto partecipando a questa assemblea. Ora, a chiunque sia capitato di partecipare a eventi del genere non sarà sfuggito che, in fin dei conti, i concetti espressi sono sempre gli stessi: "Andiamo male ma ci risolleveremo", "Tutto dipende da voi", "L'anno prossimo miglioreremo", "Siamo tutti una grande famiglia" e cose del genere.
Premesso che basta una piccola esperienza in azienda per imparare a comprendere come ci siano delle situazioni che vanno secondo un copione da recitare, ciò che mi lascia l'amaro in bocca è la mia assoluta indifferenza verso questi tentativi di spronarci, di coivolgerci, di farci sentire parte di una squadra.
E non credo si tratti soltanto di cinismo dovuto alla situazione contingente. Cioè, anche se non fossimo in crisi, anche se ce la mettessi proprio tutta, non riuscirei a farmi coinvolgere più in là del mio dovere.
E questa pare essere una condizione mentale che non affligge affatto i miei colleghi. Vedo infatti che loro commentano positivamente gli input del management, si fanno coinvolgere; in breve, ci credono in quello che fanno.
Mentre io, anche in periodi meno burrascosi, ho sempre considerato il lavoro come un mezzo di sostentamento, un puro strumento per guadagnarmi da vivere e non una parte fondamentale della mia vita. Perché la vita è un'altra cosa, è là fuori e mi aspetta dalle 17:30 in poi, dal momento in cui mi chiudo alle spalle la porta dell'ufficio...
Sinceramente io ammiro chi riesce a farsi coinvolgere anima e corpo nel lavoro. Credo che pochissimi abbiano la fortuna di fare un lavoro che piace veramente; la stragrande maggioranza invece se lo fa piacere e questa è un'ottima cosa. Io vorrei essere come costoro, li ammiro ma non ci riesco proprio ad emularli.
Perciò anche una banale assemblea di fine anno come quella cui ho assistito ieri è sufficiente a mettermi in crisi; perché mi induce a chiedermi che cosa ci faccia io in mezzo a persone che hanno un approccio al lavoro totalmente diverso dal mio.
Mi sento fuori posto, mi sento quello sbagliato.
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