Settimana scorsa, mentre tornavo da Firenze, ho dovuto prendere un autobus per percorrere l'ultimo tratto di viaggio prima di casa.
Siccome mi trovavo già presso la fermata con largo anticipo, ho deciso di salire sul mezzo per poggiare almeno lo zaino sui sedili, dal momento che era molto pesante e me lo stavo trascinando sulle spalle fin dal mattino.
Assente l'autista, l'autobus aveva la porta aperta, perciò sono salito e mi sono sistemato in una delle prime file.
In quel mentre si è avvvicinato un uomo sulla quarantina, vestito piuttosto casual, che mi ha notato e senza salire sull'autobus mi ha chiesto: "Scusi, lei è l'autista?"
"Veramente no", ho risposto, "posso aiutarla lo stesso?".
"Beh", ha detto, "il mio problema è che devo andare a ***, ma il treno che arriva da Torino ha 15 minuti di ritardo, e vorrei sapere a che ora parte il pullman".
"Guardi", ho ribattuto, "questo pullman lo prendo spesso, e da orario parte 10 minuti dopo l'arrivo del treno da Torino. Se questo treno ha 15 minuti di ritardo, siccome il pullman lo aspetta in ogni caso, allora partiremo con 5 minuti di ritardo".
"Ah bene, ma è sicuro?"
"Di solito succede così, poi dipende dal treno. Se accumula maggior ritardo, il bus è costretto ad aspettarlo..."
"Ah ecco. Ma non è che poi l'autista cambia idea e parte prima? No, perché vorrei andare al bar".
"Di certo questo bus non parte prima, perché come le ho già detto deve aspettare il treno da Torino, altrimenti le persone dirette a *** come lei non hanno modo di arrivarci sino a domattina. Inoltre, una volta arrivato il treno, l'autista partirà subito, perché non ha alcun interesse a rimanere qui", ho ribattuto con pazienza.
"Bene grazie", è stata la risposta. E il tipo si allontana verso la stazione, che dista 100 metri dalla fermata del bus.
Nel frattempo si erano avvicinate al bus altre persone. Lasciato lo zaino, sono sceso dal pullman perché l'afa al suo interno era insopportabile.
Due ragazze giovani, all'apparenza studentesse in vacanza, si guardavano con aria smarrita vicino al palo della fermata.
Non ho neppure fatto in tempo a chiedere se avessero bisogno di qualche informazione, che il tizio di prima è arrivato tutto trafelato dicendo: "Ciao, dove dovete andare?".
Le due ragazze non hanno risposto, quindi lui ha continuato "Oh, so you're strangers. Do you speak English?"
"Yes, we come from Poland", ha detto la più spigliata delle due.
La ragazza non sapeva ciò che l'aspettava. Da quel momento il tipo ha iniziato un dialogo incalzante che è durato più di mezz'ora, fino alla partenza del pullman.
In un ottimo inglese ha domandato inizialmente dove fossero dirette. Appurato che il pullman era quello giusto, ha poi voluto sapere il motivo della loro visita e da quale città della Polonia provenissero. Dopo averle rassicurate sul fatto che lui in Polonia c'era stato e dopo aver snocciolato loro tutte le città visitate, ha chiesto se fossero studentesse. Accertato e messo a verbale anche questo, ha iniziato un lungo
excursus sul suo lavoro, sugli studi che aveva fatto e su ciò che stava facendo in questo momento.
La seconda ragazza, forse più timida, ascoltava il dialogo e ogni tanto interveniva, ma era praticamente impossibile interrompere il diluvio di parole proveniente dalla bocca del tizio.
Una volta scoperto che una delle due studentesse era appassionata di fisica, il discorso di è spostato dulla ricerca, poi sul CERN di Ginevra e infine sull'esperimento dell'anno scorso, di cui parlarono i giornali, prima annunciato e poi rimandato. E infine, poco prima della partenza del pullman, il tizio ha chiesto nozioni dettagliate sulla fisica delle particelle, fornendo anche una sua interpretazione di alcuni noti esperimenti.
Io sono rimasto li in attesa della partenza, vicino alla fermata, a seguire tutto il discorso ma fingendo di essere distratto.
Ad un tratto, mentre osservavo il tizio, sono rimasto di sasso. I suoi capelli grigi, nella mia mente, diventavano biondi. La chierica sulla sua nuca si ricopriva, al pari degli altri capelli, di riccioli biondi. Il suo viso era diventato quello di un bambino.
La voce no, ma la cadenza nel parlare ricordava proprio quella di... Daniele!
Era proprio lui Daniele, ne sono sicuro, un bambino che ha popolato alcuni ricordi della mia infanzia. Logorroico fino alla spasimo, era emarginato da tutti gli altri proprio perché non ti permetteva mai di giocare, lui voleva solo e sempre parlare. Come quella volta in cui avevo vinto la "Robapazza", una palla che non rotolava in linea retta ma procedeva tutta sbilanciata a zigzag. E Daniele, anziché giocare, ci coinvolgeva nelle sue dissertazioni sulla palla che, a suo dire, doveva contenere dei "pesi calibrati". E cosa ce ne fregava a noi, Daniele, che avevamo si e no 8-9 anni?
Ricordo ancora la frase "Oh no, arriva Daniele", che ognuno di noi proferiva quando, al suo avvicinarsi, era meglio inventarsi una scusa per sciogliere il gruppetto. Per ritrovarsi magari più in là, di nascosto da lui, per continuare a giocare senza doversi sorbire interminabili discorsi senza senso.
Perché Daniele era così, sempre pronto a infilarsi nei discorsi o nei giochi altrui per divagare, per iniziare dissertazioni sugli argomenti più strani. Talvolta, quando non sapeva di cosa parlare, anziché riflettere iniziava dei monologhi sulla stranezza del fatto che, qualche volta, non si sa cosa dire e che la gente, chissà come mai, non ha voglia di ascoltare...
Non lo vedevo da almeno 30 anni, ma sono sicuro che si trattasse proprio di Daniele. E ho provato a immaginare a quanta gente, in questi trent'anni, avrà rotto le scatole con i suoi discorsi irrefrenabili, con quel suo desiderio di discorrere senza sosta. Chissà quanti, in tutti questi anni, avranno detto "Oh no, arriva Daniele" e si saranno dati alla fuga, proprio come noi da bambini. Chissà quanti milioni di parole avrà pronunciato lui in questi anni, probabilmente anche nel sonno, nella convinzione che una parola detta in più sia sempre meglio di una in meno.
Ripenso a quelle studentesse, venute in Italia per fare una vacanza, e costrette a fare i conti con l'irrefrenabile logorrea di Daniele...